Davanti a Rabin, una collezione dedicata al dialogo e firmata fra gli altri da Armani, Valentino e Fendi In passerella sfila la pace Israele riunisc e 70 re della moda
lunedì 12 giugno 1995 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Non è facile come era
intitolato lo show di alta moda che sabato sera ha richiamato a
Cesarea, la spiaggia elegante di Israele, un gran pubblico e una
valanga di stilisti, modelle, mezzi di comunicazione di massa. Il
grande scenario dell'anfiteatro di Cesarea al tramondo, l'acquedotto
romano sullo sfondo, le onde del mare che fanno sentire la loro voce,
doveva costituire la garanzia naturale del risultato dello show,
mentre intorno i violini ci davano dentro, e le modelle facevano i
loro capricci dietro le quinte. Ytzhah Rabin ha recitato
volenterosamente un discorsetto di ordinanza su quanto sarebbe bello
sostituire le divise della guerra con quelle della pace. Tutta
l'Israele che conta, circa tremila persone, sedeva sugli antichi
spalti, pronta, dopo aver pagato 300 shekel al biglietto (circa 180
mila lire che andranno a favore dei bambini abbandonati) a veder
sfilare i 72 abiti sia dei israeliani sia quelli di
firme famose in tutto il mondo, come: Yves Saint Laurent, Valentino,
Armani, Krizia, Missoni, Fendi, Laura Biagiotti, Karl Lagerfeld,
Kenzo, Ralph Lauren. Ma i festeggiati, naturalmente, dato che la
sfilata era intesa al godimento dell'estetica della pace, erano gli
stilisti arabi intervenuti, pochi ma coraggiosi. L'egiziana Amar
Halil, i marocchini, i giordani, i turchi, e un solo ma prezioso
palestinese, con un solo abito. È difficile, persino per Yves Saint
Laurent, rinunciare ad appoggiare una colomba (vera o finta che sia)
sulla spalla nuda di un'indossatrice per poi farla incedere
regalmente vestita di bianco e di azzurro, i colori del sogno, i
colori del cielo e della calma olimpica. E infatti s'è visto tanto
azzurro, s'è visto un mondo intero di abiti candidi, e le colombe
erano decine, su abiti dotati di strascichi celestiali. Poiché lo
scenario prevedeva due scalinate in stile faraonico, tipo , gli
strascichi, invece di svolazzare angelicanti, si impigliavano nei
tacchi a spillo delle modelle, che molto spesso scendevano
barcollando. I sarti israeliani, che per molti anni hanno
ingiustamente sofferto l'isolamento non solo da parte dei Paesi arabi
circostanti, ma anche dei loro fratelli occidentali, hanno voluto
forse approfittare un po' troppo dell'occasione per lanciarsi in
disegni avveniristici e un po' eccessivi. Yehuda Dor non ha esitato a
vestire la sua modella con una specie di bikini che mostrava a
triangolo, sui punti strategici, le tre bandiere protagoniste della
pace, quella israeliana, quella palestinese e quella americana. Oded
Gera ha appoggiato su una modella seminuda e bellissima due tralci
dorati di foglie d'olivo che finivano in un reggiseno le cui coppe
erano due colombe di metallo. Amar Halil, l'egiziana, ha invece
scelto lo stile etnico, carico di ornamenti di metallo. Ma anche gli
stranieri a volte hanno approfittato dell'occasione per esibirsi in
bizzarrie. Così ha fatto Jean-Charles de Casteljacque che ha
presentato un vestito effigiato interamente col Piccolo Principe di
Saint-Exupery, che in quel contesto sembrava esser divenuto un
cartone americano. La parola pace, nel corso della serata, è stata
cantata, ripetuta, scandita, danzata in tutte le salse senza paura
dell'invidia degli dei. Ma sembrava non far mai rima con moda.
Piuttosto, come sempre, con speranza di pace, di benessere, di una
vita normale e finalmente anche frivola. Fiamma Nirenstein