DALL’ INIZIO DELL’ INTIFADA IL REDDITO PRO CAPITE E’ SCESO DEL 5 PER CENTO Israele soffre la guerra e la crisi del Nasdaq Pesa la caduta dell’ hi-tech, l’ industria frena, i poveri aumentano
lunedì 2 dicembre 2002 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
GERUSALEMME
NEGLI ultimi due anni, quelli dell'Intifada, Israele sembra essere
vissuto
nell'ossessione non della sola piaga della sicurezza e degli
attentati
terroristici, ma anche del declino della sua economia. Il 20% della
popolazione vive al di sotto di quello che viene definito « il limite
della
povertà » , 300 mila israeliani (su una popolazione di 6 milioni di
persone)
sono disoccupati, le sedute del governo dedicate alla discussione del
budget
sono terribilmente aggressive e allarmate, il pil a persona è caduto
in due
anni del 10%, il sindacato ha ripreso inaspettato vigore, e anche in
tempo
di guerra fa un uso piuttosto frequente e disinvolto di lunghi
scioperi
generali e del pubblico impiego che portano alla popolazione già
provata dal
terrorismo una serie di disagi relativi ai trasporti, alla scuola,
agli
uffici, all'evacuazione della spazzatura.
Mitzna, il nuovo candidato a Primo Ministro della sinistra, in vista
delle
elezioni del 28 gennaio, ha fatto dell'economia un cavallo di
battaglia,
delle accuse al governo per l'uso del 20% del budget per l'esercito
una
formula molto popolare; Yossi Sarid, il capo del locale partito
radicale
Meretz, ha tenuto un discorso di tono epico proprio durante l'ultima
discussione del bilancio, quella che ha portato alla caduta del
governo: vi
descriveva uno scolaro che, come nel libro Cuore, si mette in tasca
una
coscia di pollo sottratta al proprio rancio scolastico per portarla
alla sua
mamma affamata.
Il giovane economista Eran Bartal, però , sorride alla memoria di
questa
uscita. Da suo punto di osservazione di direttore della rivista
« Public
Companies» e di commentatore economico del settimanale « Macor Rishon»
dedica
alla cronista un commento breve e affilato: « Capisce bene che si
tratta si
un allarmismo soprattutto a sfondo politico, che in tempo di allarme
collettivo l'arma sociale è l'unica veramente affilata che
l'opposizione
possa utilizzare» . Ma basta guardarsi intorno e si scorge la vetrina
della
più appariscente fra le strutture economiche d'Israele, il turismo
completamente disastrato. Faraonici alberghi che erano stati aperti
in
occasione del bimillennio della nascita di Gesù e punteggiavano i
percorsi
dei pellegrini in Terra Santa hanno dovuto chiudere i battenti.
Camerieri,
cuochi, guidatori di taxi, guide turistiche, artigianato locale,
ristoranti,
tutti gli addetti del settore sono al disastro. E anche gli alberghi
del Mar
Morto, che avevano avuto uno sviluppo enorme (l'Hyatt, ad esempio, si
era
allargato a 600 camere, e aveva creato la Spa salutistica più grande
del
Medio Oriente) si sono spostati da prezzi di circa 200 dollari a
notte a 200
shekel (43 dollari) per un pubblico solo locale. I turisti sono
stranieri
ormai solo al 13%, dal 95% nel 1995.
Ristoranti chiusi, boutique abbandonate, souvenir impolverati nelle
vetrine
« però , ci spiega Bartal, sono una piccolissima parte della realtà
economica
Israeliana» , che comunque mantiene una sua roccaforte, ancorché
ferita:
l'high tech. Il turismo è meno del 10% del pil. E quello santo dei
pellegrinaggi è un turismo povero, a basso budget prestabilito. Il
colpo è
duro, ma non è il turista spaventato che ha ferito l'economia, non la
paura
dell'Intifada, o almeno non quella soltanto. « Più della guerra,
quello che
ci ha veramente messo in difficoltà - spiega Bartal - è la caduta del
Nasdaq, che si è abbattuta su di noi più che altrove. Perché , per
strano che
possa apparire, questo Paesino guida il mondo in campo tecnologico.
Abbiamo
mandato molta gente a casa, ma l'high tech resta la nostra speranza,
anzi la
nostra certezza» . L'alta tecnologia, infatti, rappresenta il 40%
dell'economia israeliana, e anche un 40% « buono» come dicono qui,
perché
porta i dollari. L'iniziativa, ovvero la creatività , ne era, e
tuttora ne è
la caratteristica, il vero motore.
Migliaia di ragazzi fra i venti e i trent'anni hanno creato compagnie
che
hanno poi venduto per miliardi di dollari: Checkpoint, la compagnia
che ha
inventato i sistemi di sicurezza da applicare al computer è oggi una
compagnia a grande compartecipazione europea e americana. Nella
medicina e
nella farmaceutica Israele ancora guida: Teva (che ha inventato e
commercializzato il Prozac e l'Acamol) è fra le prime 100 del mondo.
Invece
l'antica forza dell'arancia e del pompelmo israeliano, il mitico
prodotto
del kibbutz, il simbolo del deserto che fiorisce, non esiste più : con
una
quantità tanto limitata d'acqua e di terra, Israele ha preferito
spostare la
sua produzione alimentare in altri campi.
Elite, per esempio, che ha comprato parte della Nestlè è una delle
più
grandi produttrici mondiali di cioccolata e caffè in polvere. Ma qui,
se
guardiamo un barattolo di Nescafè della Elite, vedremo subito un
altro dei
grandi problemi che angustiano l'economia israeliana: vi troveremo
scritto
non « made in Israel» ma « made in Holland» , da una piccola sede
acquistata
dalla ditta in quel paese. Il boicottaggio arabo contro i prodotti
israeliani è troppo spesso accettato come un dato di fatto dai
distributori
e dagli acquirenti europei. I prodotti estetici dell'Ahava, tra i
migliori
del mondo, spesso si presentano travestiti, e hanno abbandonato
l'orgogliosa
scritta Ahava from Israel. Preferiscono: « Ahava from the Dead Sea» .
In definitiva, tuttavia, il reddito pro capite che era in Israele di
19 mila
dollari fino a prima dell'Intifada, ora si aggira sui 18 mila dollari
(-5%).
Il pil di 18 mila dollari pone Israele fra i 43 mercati emergenti
nelle
relazioni commerciali e di investimento fra i paesi dell'Ocse. Anche
se le
compagnie americane (il vero partner di Israele) hanno rallentato gli
investimenti, tuttavia gli investimenti stranieri nel ‘ 92-2002 sono
stati di
18 miliardi di dollari. Non poco su un piccolo budget come quello
Israeliano, 50 miliardi in tutto. « La crisi è grave, ma non
disperata.
Quello che pone tanta gente sotto la linea della povertà è il fatto
che in
Israele esistono due tipi di cittadini - dice Bartal - quello
dell'high tech
e il resto. Una segretaria nell'high tech guadagna 2000 dollari al
mese, la
segretaria di un avvocato 1000. La prima alza il pil, la seconda è al
limite
della povertà » .
Invenzioni meravigliose seguitano a dare speranza all'economia
israeliana;
come la Forth Dimension fondata da Gil Schwed, un 24enne che ha
consentito
al mondo intero i giri virtuali in tre dimensioni sugli schermi dei
computer
di appartamenti, musei e altro; o come le valvole cardiache in
plastica il
cui brevetto è stato comprato dalla Boston Scientific dalla periferia
di
Gerusalemme. Negli start up di Hedera migliaia di studenti studiano e
esperimentano senza sosta.
Ma se questa è la speranza di Israele, il grande problema è una
gestione
intensamente assistenzialista del patrimonio pubblico, in un paese
nato
nell'ideologia russa-socialista, impegnato nella politica di
immigrazione
fino al collo, strangolato da una marea di sussidi sociali per tutti:
malati, vecchi, religiosi, insediamenti, popolazione povera,
popolazione
araba, madri sole, tutti godono di aiuti altissimi. Ma con il milione
di
immigrati russi degli ultimi anni si è provato un tipo di aiuto
produttivo,
non più villaggi di sviluppi che diventano ghetti con le loro scuole
e
istituzioni, i loro ambulatori. Si assegna a ciascuno una somma che
spesso
non viene usata per comprare quattro mura, ma per affittare in zone
residenziali da cui i nuovi immigrati trovano spunto per integrarsi e
cercare lavoro, senza restare a carico dello Stato.