DA UN REMOTO KIBBUZ ALLA GUIDA DELLO STATO EBRAICO Ehud, il generale che piace ad Arafat Un epigono di Rabin, da capo di stato maggiore a politico
martedì 18 maggio 1999 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
GERUSALEMME
EHUD Barak, al contrario di Bibi Netanyahu, è un perfetto insider
della politica israeliana: "uno di noi", lo definirebbe l'elite di
origine europea, socialista e laica. Alla maniera di un Moshe Dayan
e più ancora di un Ytzhak Rabin, suo capo e mentore da quando
Barak è entrato nella vita pubblica. Il suo inglese ha un
fortissimo accento israeliano, con la erre gutturale e l'impaccio
richiesto a uno scabro soldato israeliano; la Cnn non ne farà mai
una sua star, un interlocutore ideale come Netanyahu. Il suo
rapporto col sionismo, con l'esercito, con le poesie di Bialik è
un rapporto intimo, basilare.
Alto di portamento allegramente militaresco, Barak ha costruito la
sua storia avendo come grande rampa di lancio il kibbutz natale nel
centro di Israele, Mishmar Hasharon, e due genitori polacchi
pionieri e intellettuali, Esther e Israel, innamorati di lui. Nato
nel 1942, portato allo scienze matematiche, ha scelto invece la
carriera militare a 18 anni: il suo successo è stato clamoroso.
Dopo la Guerra del Golfo, nell'aprile del '91 è diventato capo di
stato maggiore. Generale di sinistra, ha sempre avuto sulla testa
la mano protettrice di Rabin, di cui è stato poi ministro. Durante
la sua gestione dell'esercito, tutta trascorsa in tempo di pace,
Barak ne ha avviato la trasformazione tecnologica, lo ha messo in
condizione di affrontare le sfide strategiche del futuro. Però
qualcuno ha detto che s'è trovato a essere contemporaneamente il
capo di stato maggiore che da una parte lanciava satelliti capaci
di grandi risultati di intelligence, e dall'altra aveva a che fare
con dei soldati ben poco marziali, che chiamavano la mamma ogni
minuto col telefonino per lamentarsi del cibo e delle lunghe marce.
Il momento peggiore della carriera di Barak, quello che fino a
poche settimane fa ha steso la sua ombra su tutta la sua vita, è
stata la tragedia di Tzeelim, una remota sede di esercitazioni
militari nel deserto del Negev dove il capo di stato maggiore stava
preparando, pare, un sofisticato assassinio di Saddam Hussein: gli
è saltato fra le mani quando un gruppo di soldati ha perso la vita
durante la simulazione dell'attentato. E prima che tutti i feriti
fossero evacuati dalla zona, Barak se ne andò su un elicottero.
L'accusa di essersene andato anzitempo è poi risultata falsa. Ma
da allora, e specie da quando, nel '94, Barak è passato dalla vita
militare a quella politica a fianco di Rabin nel partito laborista,
la sua integrità , la sua capacità di essere sincero sino in fondo
sono state spesso messe in discussione.
Le sue caratteristiche personali sono state pesantemente
criticate: è stato definito vanitoso, dotato di un ego
ipertrofico, propenso ad additare l'inferiorità intellettuale
degli altri a proprio vantaggio. Lo hanno definito disadatto alla
politica e, ciò che lo fa più arrabbiare, un gemello spirituale
di Bibi. Ma dal momento in cui le elezioni sono state annunciate,
la sua stella ha cominciato a risplendere: perché Barak è una
pregevole macchina da guerra, una bomba di energia creativa che
deve essere stimolata per rispondere al massimo e dimostrare di
essere, come Kissinger ha detto una volta, "l'uomo più
intelligente che sia dato di incontrare".
Ehud, in vista dell'obiettivo del voto, ha saputo riconquistare
Shimon Peres dopo, che all'inizio del suo mandato, lo aveva
ingiustamente emarginato; in generale, al contrario di Bibi, ha
saputo stringersi attorno i suoi uomini, compreso i rari sefarditi
presenti nel suo schieramento. Ha stretto buoni rapporti con gli
immigrati russi, difendendoli senza esitare dall'attacco dei
religiosi di Shas; ha acquisito l'appoggio di un leader
tradizionale dei marocchini, David Levy; ha rassicurato Arafat
della sua decisa propensione verso il processo di pace nonostante
il suo passato militare; e nello stesso tempo però non ha
spaventato troppo i moderati e perfino i coloni, ribadendo la sua
determinazione a mantenere la sicurezza in Israele. L'ambiguità
che molti gli rimproveravano si è trasformata improvvisamente in
una qualità politica: Barak promette la pace in quanto uomo di
sinistra, ma anche la sicurezza in quanto uomo dell'esercito.