DA BALI ALLA GIORDANIA UNA SOLA IDEOLOGIA ATTACCO ALL’ OCCIDENTE
martedì 29 ottobre 2002 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
LE ultime notizie sul terrorismo in queste ore già pongono la
tragedia di
Mosca nel passato, e inglobano l'assassinio ad Amman di un
diplomatico
americano. Dalla Giordania Al Qaeda è passata più volte, una grande
cellula
fu scoperta nel passato; Hamas vi ha la sua sede principale,
finanziata
dall'Iran, che finanzia anche gli hezbollah in Libano; Saddam Hussein
di là
forse fa passare i suoi 25mila dollari a famiglia dei terroristi
suicidi.
Grandi intrecci. In Cecenia, che ci fosse Al Qaeda e parecchie
schegge
afghane con i traffici d'armi e droga è noto da tempo; Caucaso e
Balcani
sono infestate di estremismo islamico misto a cause nazionali.
Karkur, Zamboanga (Filippine), New Delhi, Bali, e poi Mosca e Amman.
E anche
in Yemen alla nave francese, e anche l'isola in Kuwait, e
l'ammiratore di
Bin Laden, il cecchino del Maryland. Se fossimo a caccia di indizi
comuni,
non avremmo difficoltà a individuarne uno: l'islamismo. Ognuno però
ha la
sua posizione geografica, scrive Sergio Romano, ma davvero vogliamo
pensare
soprattutto all'irredentismo, oggi? Ognuno ha le sue sofferenze, come
scrive
Barbara Spinelli, le persecuzioni che l'hanno reso aggressivo. Ma ci
serve,
questo, ad affinare la nostra comprensione di un fenomeno nuovo, e,
sì , a
proteggere di conseguenza le nostre famiglie, la società , le nostre
opere
d'arte? Perché questo è il nostro compito: solo con una strategia, è
evidente, in comune per i confini, i soldi, le armi, che induca i
regimi
sostenitori ad abbandonare l'aiuto al terrore, possiamo agire
insieme, noi
gente attaccata dal Terrore, evitando stragi mostruose, e anche
reazioni che
minano il nostro senso morale e le regole democratiche. In che cosa
questo
vieta di sostenere la libertà per la Cecenia, o uno stato per i
Palestinesi?
Che c'entra? Il terrorismo, è altro, è uno, ha ispirazione e fondi
comuni,
una religione di riferimento, magari a torto rispetto al suo
messaggio
originario, come si insiste nel suggerire. Ma che importanza fattuale
tutto
questo può avere, se vogliamo combattere il terrore? Ogni cittadino
scorge
con preoccupazione: un'ispirazione e delle direttive ideologiche
generali
comuni nel terrorismo; la sua grande capacità di colpire; la rete
finanziaria e di training mondiale; lo sforzo organizzativo
strutturato; il
terrorismo suicida... tutti questi elementi comuni definiscono oggi
un
nemico comune, mancato varie volte per paura di guardare in faccia
una così
temibile realtà , in Usa, e da noi, perché questo costringerebbe
l'Europa a
fare fronte con gli Stati Uniti, e dove finirebbe la nostra incerta
identità ?
Se i problemi locali costituissero l'origine del terrore, non si
capirebbe
allora come mai in tante occasioni colpisca (Bali, Egitto) turisti
svariati,
ragazzi, australiani, africani a caso, perché si è avuto terrore
Egiziano e
Saudita a New York, Tunisino a Jerba, Indonesiano a Bali (pare). Dice
bene
Mark Heller, del centro Jaffee per Studi Strategici: se le cause
locali
causano terrorismo, perché questo non è successo in Sudan, in
Nigeria,
perché la repressione mussulmana non ha creato terrorismo non
islamico?