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CORSA A DUE ALLE PRESIDENZIALI L’ INTELLETTUALE LABORISTA CONTRO L’ UOM O QUALUNQUE DEL LIKUD Peres, il dottor Sottile che il popolo non ama

lunedì 31 luglio 2000 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME IL risultato dovrebbe essere del tutto scontato. Invece, per motivi a prima vista misteriosi, non lo è : oggi si affrontano per il titolo di Presidente della Repubblica Shimon Peres, un uomo accompagnato nella vita dal battito d'ala della grandezza e Moshè Katzav, un gentile cinquacinquenne senza infamia e senza lode. Chi avendo a disposizione uno Shimon Peres per farne la figura istituzionale che riassume le caratteristiche del proprio Paese e le rappresenta nel mondo tentennerebbe fino all'ultimo, specie a fronte di un contendente la cui caratteristica veramente ben delineata è quella di essere un persiano religioso cresciuto all'ombra del Likud, un politico dalla volontà di ferro ma dal basso profilo, un self made man che come unico record positivo ha fatto diminuire (dicono i suoi) gli incidenti automobilistici quando era ministro dei Trasporti? Come può quest'uomo minacciare il Premio Nobel per la Pace Shimon Peres? I motivi per cui Peres non ha passato la giornata di domenica al mare ma fino a stamani ha telefonato ai più periferici fra i 120 parlamentari della Knesset, religiosi, deputati eletti in provincia della destra e della sinistra, arabi e drusi risiedono non soltanto nella nota conflittualità fra laici e religiosi, fra ashkenaziti e sefarditi, fra ricchi e poveri che rendono Katzav il possibile candidato delle minoranze che sono o si considerano diseredate, ma soprattutto nell'aura di disapprovazione e di invidia che rende Peres un personaggio molto controverso, niente affatto universalmente riconosciuto. Barak non lo ama, forse persino lo teme: gli ha subito sbarrato l'accesso al ruolo di presidente del partito, che sembrava spettargli quasi di diritto e poi nel suo governo Barak gli ha concesso un ministero periferico. Lo ha tagliato fuori dal Processo di Pace: è partito per Camp David senza chedergli consiglio, e quando lo ha chiamato era solo per dirgli paternalisticamente che aveva il suo appoggio come candidato di sinistra. Peres lo ha ringraziato garbatamente, con le stesse cortesissime astute maniere usate nel ‘ 92 con Yitzhak Rabin, suo diretto antagonista nella corsa a candidato ufficiale del partito per la leadership governativa. Peres anche allora preferì consolidare un rapporto che riteneva strategico, e che ha infatti condotto all'accordo di Oslo. Ma nonostante le sue grandi acquisizioni Peres è stato bollato dai suoi stessi compagni col titolo di « loser» , perdente, come la stampa locale ama spesso chiamarlo, per la sconfitta alle elezioni del ’ 94, quando una serie di bombe di Hamas portarono all'elezione di Netanyahu. Peres, lo si creda o no, è sempre messo in questione, un outsider più volte accusato di essere altero fino alla spocchia, un intellettuale staccato dalle esigenze del popolo, e anche un accaparratore di poltrone dalle innumerevoli cariche statuali (ministro mille volte, primo ministro due volte); un teorico che di fatto, inventandosi il Nuovo Medio Oriente invece di accattivarsi gli arabi, se li è alienati inducendoli a paventare l'egemonia d'Israele. L'inconscio collettivo probabilmente lo ritiene in qualche modo colpevole di essere sopravvissuto a Rabin, e anche di non avere un eroico passato militare, come qui si conviene. In realtà Peres è un geniale concentrato di storia israeliana, sodale di Ben Gurion, Golda Meyer, Moshè Dayan, l'uomo incaricato di organizzare l'esercito e la bomba atomica di Dimona, ma anche colui che dopo la guerra del Kippur, nel ‘ 73, comincia a pensare concretamente a come fare la pace, fino all'accordo segreto con Re Hussein nell'87 e poi all'accordo di Oslo. E' vero, ha scritto tanti libri, alcuni persino belli, e anche questo è difficile da perdonare in un politico. Ma alla fine, è realistico che oggi diventi ha Nassì , il Presidente.

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