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Convergenze ebrei-sunniti. Dall'ira può iniziare il dialogo

mercoledì 6 dicembre 2017 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 06 dicembre 2017

La frenetica opposizione alla possibilità che Trump nei prossimi giorni decida di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele, o persino, Dio non voglia!, di trasportare l'ambasciata nella capitale dello Stato Ebraico, non è di principio come vuole apparire, e neanche religiosa come Erdogan contrabbanda nei suoi discorsi più di capo della Fratellanza Musulmana che di presidente del suo Paese, tantomeno risponde alla  preoccupazione che scoppi un inferno. E' un omaggio alla più vieta delegittimazione dello Stato d'Israele, col solito coro inclusa l'Europa, come se non fosse ovvio che Gerusalemme è la capitale di Israele. 

L'ultima minaccia di un inferno è di ieri sera, quando Abu Mazen ha parlato al telefono con Trump, ma oltre a signora mia cosa ci combina Abu Mazen e Trump si devono essere detti molte cose per ora misteriose, e forse non tutte negative. Trump ha intenzione di rilanciare il processo di pace, i palestinesi che nonostante i discorsi roboanti sono deboli e chiusi in un angolo nel generale abbandono, forse desiderano anch'essi che qualcosa si muova.  Ma la decisione di difendere la Moschea di Al Aqsa anche quando gli ebrei non hanno nessuna intenzione di toccarla, è un mantra obbligatorio di tutti gli islamici che si rispettano, dai palestinesi, alla Lega Araba, ai giordani, fino al lontano oriente, è un comizio inevitabile da parte di Erdogan, che non suscita nessuno stupore quando esprime il suo consueto odio per Israele... Semmai dispiace la consueta solerzia dagli europei impegnati da sempre a ridurre Israele ai minimi termini, dalla Mogherini a, peccato, a Macron che hanno telefonato, accorati, a Trump. Le questioni sono due: in primis, si tratta di nuovo di una bella occasione di delegittimazione dello Stato degli ebrei, del loro rapporto con Gerusalemme, della evidente ammissione del fatto che da tremila anni quella è innanzitutto la città degli ebrei, dal 1950 la loro capitale divisa dai giordani, dal 1967 la capitale unita in cui tutte le religioni, le culture, le etnie, condividono alla pari luoghi di culto e di civile convivenza. Cosa che certo non accadeva al tempo in cui, fino al ‘67, i giordani dominavano la città. O al tempo dell'Impero Ottomano. La città fu riunificata in seguito all'attacco dei giordani, e non viceversa: considerarla "territorio occupato" è parte dell'intenzione di vedere gli ebrei sparire.

Ma la seconda questione è ancora più importante: da 20 anni il processo di pace ha perseguito strade inutili e fallimentari. Trump e il suo inviato e genero Jared Kushner stanno cercando di portare il Medio Oriente a cambiare strada perseguendo la pace fra Israele e i palestinesi mentre recuperano l'alleanza col mondo sunnita, perduta da Obama.

E' un disegno molto ambizioso: sarebbe per Trump un successo senza precedenti nella storia, da mesi vengono rivelati frammenti segreti del suo piano. Mai in realtà si è presentato un momento migliore: gran parte dei paesi arabi, in testa l'Arabia Saudita con la sua vecchia proposta di pace, ha interessi comuni con Israele contro il pericolo iraniano. Probabilmente avvalendosi di questo nuovo spazio, sapendo che in realtà è improbabile una rivoluzione del mondo arabo contro la decisione di riconoscere (Putin l'ha già fatto) Gerusalemme come capitale perché gli interessi in comune con Israele sono maggiori dei contrasti, Trump avvia il suo progetto rivoluzionario. Gerusalemme è un banco di prova. L'alternativa fra spostare l'ambasciata e riconoscere la capitale, ha tutta l'aria di una leva che probabilmente sarà stata usata nella telefonata di ieri. Se Abu Mazen sarà troppo duro, Trump, potrebbe decidere per l'ambasciata; se lo è Israele, Trump può anche non riconoscere Gerusalemme affatto come capitale.

Ma se i due decideranno di sedersi insieme, si parlerà di un piano diverso, si dice, che cancelli l'idea inaccettabile per Israele del confine del '67, assicurazione di guerra permanente e preveda uno Stato palestinese con inserti territoriali israeliani e un allargamento dell'Autonomia nel nord del Sinai. Avremo tempo di vedere cosa accade di questa grande ambizione, che comunque, se avverrà, farà un'operazione di verità cambiando strada da un vicolo cieco.       


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Kenneth Stow , Haifa
 mercoledì 6 dicembre 2017  21:52:57

Cara Fiamma, bene o male l'azione, l'attore e` Trump, nel quale non si puo` avere fiducia. punto. Kenneth



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