Contro la nuova moschea di Nazareth: ma oggi i musulmani ne poseranno ugualmente la prima pietra Due giorni senza preghiere in Terrasanta La serrata delle chiese cristiane
martedì 23 novembre 1999 La Stampa 0 commenti
                
Fiamma Nirenstein 
GERUSALEMME 
E’ iniziato ieri, come previsto, la serrata di due giorni delle 
Chiese di 
Terrasanta. I pellegrini, giunti a gruppi come ogni giorno, pronti 
alla 
rievocazione della vita di Cristo a Nazareth, il luogo del 
contendere, a 
Betlemme, al Sepolcro e alle altre decine di tappe dell’ anima, hanno 
trovato 
tutto chiuso. Monsignor Sabbah, il patriarca latino, nella grande 
magione 
dei Cattolici d’ Oriente, indossa lo zucchetto rosso e il volto delle 
pessime 
occasioni, quando spiega, prima in arabo e poi in inglese, le sue 
ragioni, 
che sostanzialmente mettono sotto accusa Israele: « Siamo pochi ma 
eguali 
agli altri davanti a Dio. Abbiamo fatto uso della nostra forza per 
farci 
valere, per far sentire le nostre ragioni, perché nessuno, in questo 
Stato, 
ci protegge. Solo chi muore e si dispera è perduto: noi, invece, ci 
faremo 
sentire» . 
La storia è nota: i musulmani di Nazareth, 60 mila abitanti, già da 
due anni 
protestano, arrivando fino alla violenza personale e contro i beni 
dei 
cristiani. Essi intendono costruire una moschea proprio davanti alla 
cattedrale dell’ Annunciazione, su un piazzale che era stato 
destinato, in 
vista del Giubileo e nell’ ambito di una generale ristrutturazione e 
restauro 
della città , a diventare un piazzale di raccolta per i pellegrini. I 
musulmani all’ inizio del secolo erano il 26 per cento, ora sono il 65 
per 
cento circa della popolazione (un fenomeno identico in tutte le 
cittadine 
del cristianesimo, compresa Betlemme). Sullo spazio conteso sorge la 
tomba 
di Shihab ad Din, un nipote del Saladino, un eroe che morì 
combattendo 
contro i Crociati. Il governo israeliano, dopo due anni di attacchi 
musulmani ai cristiani, prima esitante e incapace di fermare la 
sommossa, ha 
infine acconsentito alla costruzione di una piccola moschea, ma 
Sabbah e i 
cristiani d’ Oriente sono convinti che la decisione sia sbagliata e 
pretestuosa: « Gli israeliani di fatto hanno fomentato lo scontro fra 
noi e i 
musulmani non reprimendo subito le manifestazioni violente» , ha 
accusato 
ieri, irato, il patriarca. Ma alla domanda se pensa che si possa 
proibire la 
costruzione della moschea, non vuole rispondere. La linea del 
Patriarcato è 
quella di accentuare il più possibile il dissenso con Israele, 
cercando di 
tenere aperti i rapporti coi musulmani. Ma se questa chiave 
funzionava bene 
ai tempi dell’ Intifada, perché Sabbah e i suoi fratelli sono 
palestinesi 
come i loro compagni di lotta musulmani, adesso non si capisce bene 
dove 
possa portare questa strada. Una discussione in famiglia per 
interposta 
persona la si è già avuta quando il Waqf, l’ organizzazione che 
sovrintende 
ai luoghi santi dell’ Islam, ha chiesto ai musulmani israeliani di 
rimandare 
la posa della prima pietra, che deve avvenire oggi: la risposta è 
stata un 
bel « no» . 
Arafat ha chiesto a Sabbah, anche lui senza successo, di evitare la 
chiusura 
dei luoghi santi nelle aree palestinesi, soprattutto a Betlemme, dove 
il 
Papa è ansiosamente atteso nel marzo del 2000. Un’ offerta di 
mediazione è 
arrivata dal principe ereditario saudita Abdallah Ben Aziz, che con 
una 
telefonata al leader palestinese si è detto disponibile a finanziare 
personalmente la costruzione di una nuova moschea a Nazareth, a 
condizione 
che sia eretta in un sito che non offenda le chiese cristiane. 
Su tutto aleggia la minaccia che Giovanni Paolo rinunci al Grande 
Pellegrinaggio del Giubileo, segno di pace solenne fra le tre 
religioni 
monoteiste. Il ministro israeliano della Pubblica Sicurezza, Shlomo 
Ben Ami, 
ripete che non gli risulta nessun cambiamento e che spera di 
sistemare le 
cose nello spirito del compromesso: dopotutto, i musulmani, dice, a 
Nazareth 
hanno dei diritti. La verità , però , è che i musulmani hanno sempre 
posto il 
segno delle loro moschee di fronte ai grandi santuari di Terra Santa 
per 
marcare un simbolo di predominio: la memoria della sofferenza inferta 
loro 
dai Crociati è ancora vivissima. Così il muezzin chiama molto forte 
proprio 
quando le campane suonano nella chiesa della Mangiatoia, e di fronte 
al 
Santo Sepolcro. Ma Nazareth è ancora, nonostante il calo demografico, 
un 
luogo di grande pregnanza cristiana prima che musulmana. Qui, dunque, 
la 
Chiesa si gioca una delle ultime trincee simboliche in terra 
d’ Oriente. 
            