Contro Barak rivolta degli immigrati russi Furono la chiave dell’ e lezione di Rabin
domenica 4 febbraio 2001 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
GERUSALEMME
Dove possiamo trovare i russi qui a Ashdod? Dappertutto, ride la
grande
donna imbacuccata contro il vento di mare che solleva le onde spumose
e
piega le palme sulla spiaggia. Son dappertutto i russi, ride, io sono
una di
loro, Yudith, immigrata nel ‘ 79 e sposata con un israeliano. Noti
bene, dice
sapendo che ogni russa accoppiata con un ebreo è sospettata di essere
una
cristiana infilatasi nella marea dell’ immigrazione, io sono ebrea.
Votare?
Oh santo cielo. Non so. Le guance piene e rosse dal vento e dal sole
si
intristiscono. Sono una maestra e sono responsabile verso i giovani,
insegno
persino educazione civica. Eppure non vorrei andare a votare, perché
se ci
vado, voto Sharon che non mi è simpatico. Ma Barak, no, l’ ho scelto
nel ‘ 99,
mi ha deluso profondamente. Ci ha fatto fare di fronte al mondo arabo
la
figura dei poveracci, ha indotto con la sua debolezza l’ eccitazione
degli
assassini che ora fanno il tiro a segno su chi viaggia in macchina
con i
bambini... Perché Barak non ha risposto? Lo so che non si dovrebbe
usare la
forza: ma Arafat non vuole la pace, e allora com’ è che Barak seguita
a
corteggiarlo...
Yudith è uno su un milione di immigrati russi decisivi per la
vittoria di
Sharon. Le sue opinioni sono un preciso parametro di quelle dei suoi
fratelli, un sesto della popolazione israeliana. Nel 1992 portarono
Rabin al
potere, poi nel ‘ 96 votarono in gran numero per Netanyahu, sull’ onda
del
loro scontento: Israele non soddisfaceva le loro aspettative sociali
ed
economiche. Ma nel ‘ 99 votarono decisamente dalla parte di Barak,
favorevoli
al successo di pace e speranzosi in una rivoluzione ideologica
antireligiosa. Molti russi infatti non sono in realtà ebrei, ed ebrei
o no,
comprano il cibo in negozi che vendono salciccia e prosciutto, e
molti più
che il sabato festeggiano la domenica. Però tengono moltissimo alla
loro
scelta di vita israeliana. Per questo Sharon usa la parola « onore»
come
chiave per conquistarli. Sharon, che ha registrato svariati spot in
un russo
molto faticato, sa anche che sono molti gli immigrati uccisi fra i
soldati e
i caduti negli agguati di questi ultimi quattro mesi, e molto russi
vivono a
Gilò , il quartiere di Gerusalemme dove si spara. A Ram, a Lod, a
Acco,
luoghi di immigrati, si vive fianco a fianco con gli arabi, nella
tensione.
Ashdod è diversa, odorosa di mare e ben sistemata, piena di cespugli
fioriti
sulla passeggiata dove i ristoranti portano scritte in russo. Una
specie di
piccolo Cremlino con tanto di cupole si staglia contro il porto
industriale.
Poco più avanti, in uno spazio lastricato sulla spiaggia, un
centinaio di
persone, (ieri, sabato) ballano in cerchio le « danze del popolo» , un
residuo
dell’ Israele degli anni della fondazione. Albina porta una sciarpa
d’ argento
e monili d’ oro, la fascia nei pantaloni neri, il marito Serghej porta
occhiali scuri appuntiti. La coppia è giunta da Mosca dieci anni fa:
« All’ inizio tutto era piccolo rispetto a Mosca. Niente balletto,
concerti,
teatro... Mio marito era un grande personaggio in Russia, ci
divertivamo.
Poi ci siamo sistemati. Bella casa, buon guadagno, la vita scorre
tranquilla, abbiamo due figlie di 24 e e di 12 anni. Adesso da
quattro mesi
a questa parte siamo spaventati, preoccupati, ci sentiamo in
difficoltà » .
Serghej annuisce: « Lavoro nelle costruzioni anche a Gerusalemme,
anche nei
Territori... Viaggiare è ormai una scommessa. Ad ogni spostamento, ad
ogni
giorno di lavoro, puoi non tornare» . Albina è precisa, mentre la
musica
ritma i passi di danza del cerchio davanti a noi: « Sharon è l’ uomo
per
adesso: non per sempre. Lui deve riportare la pace, deve far vedere
ai
palestinesi che non siamo governati da una signorina. Poi dopo,
penseremo
magari a un leader più giovane, più intellettuale, come Barak» .
« Reagire, reagire, non restare là come bambocci» . Elegante per un
banchetto
sul lungomare una coppia, Hana e Genadi Kosoj, accompagnati da Raia,
la loro
bionda figlia sedicenne, entra nel ristorante dove risuona musica
russa e si
parla solo nella loro lingua: « Sapevamo bene che non venivamo in un
mondo
tranquillo, ma eravamo sicuri che questo fosse un Paese forte. Invece
adesso
c’ è venuta a mancare proprio la sicurezza. Sharon ce la restituirà » .
Marat,
20 anni, è soldato a Gaza: « Ho visto troppi compagni portati via
sulle
lettighe piene di sangue o morire. Io che vengo dall’ Ucraina, so che
cos’ è
la paura di uscire la sera. Israele deve restare sicura» . Albina mi
corre
dietro: « Per la precisione, sappia che sono cristiana, mio marito
ebreo e le
nostre figlie mezzo e mezzo» .