CONTINUA L’ ASSEDIO DEI PALESTINESI RINCHIUSI CON I RELIGIOSI NELLA CHIESA DELLA NATIVITA’ BETLEMME una città in ostaggio
domenica 21 aprile 2002 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
« E' una situazione estremamente delicata, si cerca di trattare, ma
l'Autorità Palestinese ha posto il veto all'incontro fissato
mercoledì
scorso; è già la quarta volta che rifiutano di venire» . Gadi Golan,
il
responsabile degli Affari Religiosi del Governo israeliano incaricato
di
seguire la questione della Chiesa della Natività , da molte settimane
cerca
un filo per districare questo terribile gomitolo di problemi. Ma
l'annullamento dell'incontro da parte dell'Autorità Palestinese,
annunciato
direttamente dall'ufficio di Arafat, dell'appuntamento che avrebbe
dovuto
avere luogo alle dieci di mattina di mercoledì , nelle vicinanze della
Chiesa, fra israeliani e palestinesi, adesso lo preoccupa
particolarmente.
Ci vorrebbe un miracolo, un gesto grandioso, una cometa in cielo,
qualche Re
Magio perché si risolvesse il problema dei 250 armati palestinesi fra
i
quali alcuni terroristi, molti guerriglieri, un centinaio di civili,
tanti
religiosi, chiusi con loro fra le sante mura. « Noi possiamo solo dire
che
non abbiamo nessuna intenzione di entrare sulla Chiesa né di sparare
- dice
il comandante della divisione di Betlemme, Marcel Aviv -, ma non
lasceremo
mai andare via i terroristi» .
Allo stato delle cose, non c'è speranza di una soluzione: Betlemme è
in un
vicolo cieco, Arafat non vuole compromessi, gli israliani non mollano
e in
prospettiva si intravede la morte per fame dei reclusi. Ma hanno fame
anche
gli abitanti di Betlemme e non stanno molto meglio i soldati
riservisti -
medici, contadini di kibbutz, avvocati, morti di stanchezza -, gente
tormentata che non può uscire per strada, gente tormentata che non
può
uscire dai carri armati. Gli israeliani non possono permettersi di
lasciare
che a Betlemme, cittadina sul bordo di Gerusalemme, seguiti a fiorire
il
terrorismo. D'altra parte l’ esercito non può seguitare a tormentare
la
popolazione. E Israele non può seguitare a essere colpevolizzata da
tutto il
mondo per lo scontro che si svolge in uno dei luoghi più santi per la
cristianità .
E intanto, povera Betlemme, presa in cose celesti più grandi della
vita
della gente, in giochi politici che hanno il sapore di uno scontro
per la
vita e per la morte, per l'onore e per la vergogna. Betlemme è
diventata una
mossa definitiva, uno scacco matto da dare al nemico costi quel che
costi,
una sfida terribile. La Chiesa non sa come uscirne evitando sangue e
morti
per fame. Gli israeliani sono stupefatti e senza soluzioni di fronte
a una
scommessa che è scappata loro di mano assumendo dimensioni mondiali.
I
cittadini di Betlemme sono presi nella forbice da questa vicenda
bizantina e
insieme feroce. Arafat ha in mano uno strumento propagandistico
formidabile
a cui non vuole rinunciare, ma che al tempo stesso gli brucia in
mano,
perché la Chiesa comincia a essere molto irritata anche nei suoi
confronti,
visto che non sembra voler accettare una soluzione negoziata.
Il riassunto è semplice: quando gli israeliani sono entrati con i
carri
armati a Betlemme per l'operazione Scudo di Difesa, 250 armati
palestinesi
delle varie formazioni (hamas, jihad, tanzim) sono entrati nella
Chiesa. Con
loro, i francescani, i preti greci ortodossi e gli armeni, quattro
suore, un
centinaio di persone in tutto che sono restate dentro per fedeltà
alla
basilica. Altri cittadini, fra cui notabili di Betlemme e alcuni
ragazzi
sono dentro la Chiesa e i monasteri circostanti, e tutti sono ormai
affamati
e assetati. I soldati portano ai religiosi un po’ di acqua e un po’
di cibo
che ovviamente viene diviso fra tutti. Due morti dentro il convento
non sono
stati sgomberati. Le fonti israeliane dicono che cercano
continuamente di
portare aiuto medico, ma che i palestinesi rifiutano. Ieri sono stati
tagliati anche i fili del telefono.
La determinazione iniziale di Sharon, tuttavia, non è mutata: il
premier
vuole distruggere alla radice le organizzazioni responsabili di
attacchi
terroristici. Da Betlemme sono usciti un gran numero di attacchi
suicidi,
Hamas è molto forte, mentre il numero dei cristiani è diminuito
drasticamente. Sharon ha dichiarato a ogni occasione che i ricercati
lui non
li lascerà mai andare, per nessun motivo: nella Chiesa ci sono
Ibrahim Musa
Salem Abayat e Irbrahim Musa Salem Hamdan, due famosi leader dei
tanzim,
responsabili per gli israeliani di decine di attacchi a fuoco. E
anche Nidal
Ahmad Isa Abu Galif e Muhammad Sa'id Atallah, sospettati di avere
organizzato l'attentato suicida al supermarket, e c'è un generale del
Fatah,
che è sempre stato il trait d'union con Marwan Barghuti.
Arafat avrebbe ordinato ai suoi dentro la Chiesa di tenere duro
finché gli
israeliani non siano costretti a cedere. La comunità internazionale
sta a
guardare chi vince, e, soprattutto, chi perde: perché il primo che
danneggia
la Chiesa, o compie un atto violento dentro le mura, avrà violato una
situazione intatta da secoli, avrà dissacrato una basilica
importantissima
per tutta la cristianità . La Chiesa (in particolare monsignor Touran,
il
ministro degli Esteri del Papa) ha già dichiarato che gli armati
palestinesi
dentro le sante mura hanno aperto, prendendone possesso, un conflitto
molto
serio; ma gli israeliani seguitano a essere il principale accusato, a
causa
dei carri armati nella piazza della Mangiatoia e anche della
sofferenza
della popolazione di Betlemme. La Chiesa locale, guidata dal
Patriarca
Latino monsignor Sabbah, non ha mai nascosto di considerare la Chiesa
un
rifugio legittimo, o almeno logico, per i palestinesi, ma su questo
punto
non trova nessun appoggio né dal Delegato Apostolico Mosignor Sambi,
né
dalla casa madre. Però , se gli israeliani entrano, o se ci saranno
vittime
per fame o per violenza, Sharon lo sa benissimo, la presenza armata
sarà
dimenticata e solo gli israeliani diventeranno i colpevoli.
Muhammad al Madani, il governatore di Betlemme che dal primo giorno
ha
deciso di restare nella Basilica, ha annunciato che la riunione di
mercoledì
era annullata adducendo l'assenza delle parti religiose e delle
organizzazioni internazionali, che invece i palestinesi vorrebbero.
Ma tutti
sanno che il punto non è questo: Israele farebbe molte cose pur di
non
restare nella trappola mortale in cui si trova, fra l'alternativa di
dovere
alzare le mani e lasciare andare liberi i terroristi che ricerca, e
quella
di essere accusata nuovamente di crimini di guerra. Dunque, la
ricerca di
soluzioni non violente è disperata. L'idea di un blitz è stata subito
cancellata, mai Israele entrerebbe a prendersi i ricercati, col
rischio di
sparare nella Chiesa o di colpire degli innocenti o di fare danni
materiali
in quel luogo sacro; d'altra parte, non vuole arrendersi e diventare
ridicola agli occhi del mondo, specie di quello palestinese. Dunque,
si
negozia, e molte forze internazionali, in questo momento, starebbero
cercando di convincere anche Arafat a consentire ad un compromesso:
gli
armati dovrebbero separarsi dagli altri, e dovrebbero essere disposti
a
partire, per Gaza o per un Paese mediorentale. Ma Arafat accetterà ? E
Sharon
accetterà a sua volta questa soluzione che assomiglia a una
sconfitta? Le
frenetiche trattative prendono anche in considerazione l'idea di un
qualche
gesto di totale generosità , da cui però si possa capire che esso
viene fatto
solo per onorare la religione cristiana. Certo se i terroristi nelle
prossime ore dovessero tornare a colpire, a Betlemme tutto diventerà ,
se
possibile, ancora più difficile.