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Conferenza internazionale sulla violenza contro le donne

venerdì 11 settembre 2009 Attivita parlamentari 1 commento
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Cari amici,
il 9 e 10 settembre si è tenuta a Roma la Conferenza Internazionale sulla Violenza contro le Donne, un'iniziativa del Ministero per le Pari Opportunità nell'ambito degli eventi della Presidenza Italiana del G8. E' la prima volta che i grandi della terra affrontano questo tema agghicciante in un consesso così importante. Centinaia di donne e uomini da 26 paesi diversi si sono riuniti per affrontare molti dei temi che ancora devastano la metà del mondo: dalla violenza nella famiglia, dove si consumano la maggior parte degli orrori, i reati cosiddetti d’onore - 50mila donne uccise o suicide l’anno - le molestie, le violenze sessuali, gli stupri da parte dei mariti o dei parenti stretti; alla mercificazione del corpo della donna con la tratta delle schiave usate a scopo sessuale; dall’aborto selettivo, all’acidificazione, alle mutilazioni genitali femminili - più di 140 milioni di vittime sempre in crescita in Europa a causa dell’immigrazione. Abbiamo voluto occuparci del nostro futuro dedicando due sessioni alle violazioni nei confronti delle più giovani: le spose bambine (oltre 60 milioni nel mondo, tra gli 8 e i 14 anni), l’accesso egualitario all’educazione, l’impiego delle bambine soldato.
Ho avuto l'onore di presiedere la prima sessione della Conferenza, che trattava della violenza nell'ambito familiare. Sono intervenuti, con testimonianze toccanti e importanti, la giornalista cinese Xinran, che per anni - prima che lo stess provocatole dagli effetti della censura e dalle storie terribili confidatele da centinaia di donne la facesse ammalare e la costringesse a lasciare la Cina - ha condotto alla radio cinese un programma rivolto per la prima volta a un pubblico femminile; il Magistrato afghano Marzia Basel, in prima linea per tutelare, con lo strumento giuridico, i diritti delle donne in ambito familiare in una società dove il potere del clan e del marito spesso è l'unica legge che alcune donne conoscono; il Dottor Giuseppe Losasso, presidente dell'Associaizone Smileagain a Udine, che da anni si dedica ad operare donne sfigurate da una pratica barbara, l'acidificazione, una pena inflitta, quasi sempre dai familiari, alle donne che rifiutano un pretendente, un matrimonio combinato; una pratica ancora molto diffusa specie in Pakistan e Bangladesh; infine la psichiatra francese Marie France Hirigoyen, che ha parlato tra le altre cose del circolo vizioso della violenza in cui le vittime della stessa entrano a fare parte e che spesso impedisce loro di prendere coscienza del male che subiscono.

Qui potete leggere il documento conclusivo adottato dalla Conferenza

Qui sotto potete ascoltare la registrazione delle due giornate di convegno. Questa è invece la relazione di apertura del panel che ho presieduto sulla violenza all'interno del nucleo famigliare:

Molti di noi erano già adulti e maturi quando l’Italia stabilì nel 1981, per legge, che un delitto in famiglia, l’assassinio di una moglie, di una figlia, di una sorella, di una fidanzata, era da considerarsi, appunto, semplicemente un assassinio, e non un diritto dei maschi di famiglia. In parole povere, fu solo allora che fu abolita l’attenuante del “leso onore” che era di fatto una assoluzione morale, da cui la ridicola pena dai tre a i sette anni di reclusione a chi uccideva “per onore”. La legge 442/5 dell’agosto dell’81 abrogava l’articolo 587 del codice penale abolendo così il concetto di matrimonio riparatore, un concetto che era il coronamento dell’idea della donna proprietà del maschio onnipotente. Esso era infatti il comma dell’onnipotenza maschile sulla femmina peccatrice. La donna rientrava nel consenso sociale una volta che un uomo l’avesse accettata in quanto sua, e quando essa aveva ottemperato all’ordine di appartenere a un uomo: il matrimonio la strappa all’ordalia del delitto d’onore, altrimenti era preda consentita della ferocia maschile, fino alla morte.

Di fatto già da anni nell’ambito di uno sviluppo tumultuoso della lotta per i diritti umani e la libertà sessuale che fiorì a pieno negli anni sessanta, la società occidentale aveva intrapreso una sua battaglia di liberazione delle donne: spesso incompleta, a volte stravolta da un antimaschilismo settario, tuttavia furono indispensabili sia l’emancipazionismo che il femminismo per il risveglio al fatto che le donne fossero esseri umani con pieni diritti, fra cui quello, santo cielo, di non essere picchiate o uccise. Si scopri con i libri di Germaine Greer come con le lotte per la parità nel lavoro anche come la più rivoltante fra tutte le prepotenze condite dalla menzogna fosse la violenza in famiglia: essa infatti si traveste di amore ed è invece il peggiore fra tutti gli egoismi maschilisti, fra tutte le sue crudeltà troppo spesso viste come debolezze. La madre di Mariam nel romanzo “Mille splendidi soli” dice alla fanciulla: “Imparalo adesso e imparalo bene figlia mia, come l’ago della bussola segna il nord, così il dito accusatore dell’uomo troverà sempre una donna cui dare la colpa, Sempre”.

E alla colpa, seguiranno le botte, la reclusione, il disprezzo.
La violenza in famiglia è la più mostruosa fra le violenze perché la persona più vicina diventa il tuo carnefice, tuo padre, tuo marito, tuo fratello, o tutti insieme - come è accaduto con la storia di Hina Salem, la ragazza di origini pachistane uccisa a Brescia dal padre - divengono i tuoi carnefici; tale violenza è proteiforme eppure identica a se stessa nei millenni, cambia in motivazioni e in sentimenti consci,  ha due motivazioni basilari: la prepotenza e l’egoismo maschile, e il senso di colpa delle donne, e questo la rende ancor più spaventosa, che interiorizzano le accuse maschili, temono l’abbandono, tacciono.

La percentuale di donne che pensano nel mondo che sia normale che il marito le picchi è spaventosa. Secondo uno studio dell’UNICEF in Giordania lo crede il 90 per cento, in Somalia il 78 per cento circa, in Etiopia l’81 per cento, in India il 54 per cento. Certamente lo stesso non è nei Paesi occidentali, ma da noi vige una violenza perversa e pornografica di cui si è avuto esempio nelle recenti vicende californiane o austriache di cronaca nera, in cui con la connivenza delle mogli dei distinti padri di famiglia hanno rapito, rinchiuso, violentato, schiavizzato, costretto all’incesto, battuto per decenni ragazze che non erano in grado di fuggire o di ribellarsi fino in fondo anche perché gliene mancava la forza psicologica.

Di questo dobbiamo sentirci tutti responsabili. Dobbiamo restare più fedeli a noi stessi, a noi stesse: la violenza contro le donne è ormai nell’ambito della criminalità perché la nostra civiltà, quella occidentale, l’ha finalmente collocata in quella casella. Ma nel vasto mondo, in cui civiltà diverse ormai vivono fianco a fianco nelle metropoli, non è così. Bambine che hanno da poco superato i dieci anni, diventano legalmente oggetto di stupro nel matrimonio, 50mila casi l’anno di omicidio d’onore ribadiscono la normalità della legge del sangue nei rapporti familiari, e laddove tornano in uso costumi aboliti da anni, anche le nostre conquiste vengono messe in questione mentre sale il numero delle violenze ormai da noi considerate crimini.

Le leggi che proibiscono le botte, lo stupro, la mutilazione sessuale sono state oggetto di molto lavoro di presa di coscienza, ma a tutt’oggi, solo il 18,2 per cento delle donne considera la violenza subita in famiglia un reato, per il 4,4 è sbagliato, per il 36 per cento è accaduto. La violenza delle mutilazioni sessuali tocca di più di 100-140 milioni di bambine, e questo accade ogni giorno anche fra di noi. E’ innanzitutto necessario che ognuno si prenda la sua responsabilità nella sua propria società: è proibito che la famiglia si trasformi in un luogo di martirio per le donne, esse sono le prime a dovere interiorizzare questo fatto sin dalla più tenera età. Francamente penso che le nostre conquiste di consapevolezza siano universalmente valide e quindi come tali dobbiamo prenderci la responsabilità di comunicarle anche alle famiglie di società diverse che vivono in mezzo a noi come immigranti.     

Prima giornata

Seconda giornata

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Ilaria Arri , Rivoli (To), Italy
 domenica 13 settembre 2009  08:52:41

Gentile Fiamma, lo so benissimo che dentro di Lei c'é un'anima di grande pacifista.Volevo dirLe che io La ringrazio moltissimo per la sua posizione nei confronti delle donne, é da anima nobile, davvero!!Anch'io, nel mio piccolo, sono perseguitata da un signore. So di aver sbagliato, di aver preso farfalle, un tempo, ma adesso ho il diritto di essere lasciata stare, e lui non lo capisce.Comunque, mi fa molto piacere che donne come Lei difendino altre donne, deboli vittime indifese.Un bacione e un abbraccio, Ilaria.



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