Fiamma Nirenstein Blog

« Con la carta della violenza Arafat ha fallito» Un esperto militare israeliano: nessuno gli crede più

mercoledì 20 giugno 2001 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein GERUSALEMME Una giornata di ordinaria tensione in Medio Oriente: gli abitanti degli insediementi hanno seppellito Doron Zissermann, 38 anni, padre di quattro bambini, nei dintorni dell'insediamento di Einav. Per oggi è prevista una riunione di gabinetto in cui poco prima della partenza per gli Stati Uniti Ariel Sharon con Fuad Ben Eliezer, ministro della difesa, appena tornato dal viaggio in Europa. Sharon ha detto di voler riconsiderare la tregua in corso: Il clima è teso, le sparatorie non accennano a diminuire, negli ultimi 6 giorni sono morte 8 persone (cinque palestinesi). Anche ieri le colonie di Gaza sono state colpite da colpi di mortaio e i palestinesi hanno bloccato la strada che porta a un insediamento ebraico a Hebron. Boaz Ganor, direttore dell’ Istituto Internazionale per gli Studi Antiterroristi presso il Centro Interdisciplinare di Herzlya a poche centinaia di metri dalla sede del Mossad, e forse il maggiore esperto Israeliano di questa « guerra a bassa intensità » . Cerchiamo di capire da lui se la porta della pace è ancora aperta, oppure se rischia di serrarsi per sempre proprio in queste ore. Dottor Ganor, anche l’ altra Intifada sembrava infinita. Poi, invece si concluse con il processo di pace. C’ è qualche speranza che vada così ? « L’ altra Intifada era una insurrezione popolare. Qui invece l’ organizzazione è molto più serrata, Arafat ha una strategia che utilizza a secondo di come gli conviene, e questo quindi fa sì che la soluzione sia tutta quanta nelle mani di un uomo. Può essere un bene, o anche un dato molto preoccupante» . Ma Arafat controlla le forze in campo? « In sostanza sì , anche se in modo variabile e multiforme. Tre sono le componenti della sua strategia: il terrorismo, con le cui organizzazioni, come Hamas, Arafat ha un rapporto complesso ma di sostanziale potere. Forse non può convincerle, ma può colpirle. Poi, c’ è la guerriglia, ovvero l’ attacco alle forze armate e alle infrastrutture politiche, e qui sono gli uomini di Fatah e di Forza 17 e i Tanzim a agire, i suoi. Li controlla bene. E infine, c’ è l’ uso di un pubblico che appare in verità sempre più stanco, sempre meno numeroso alle manifestazioni. Arafat muove secondo un nuovo disegno. La strategia è cambiata rispetto a prima di Camp David: allora, Arafat spingeva Israele verso concessioni, sempre all’ interno di un rapporto bilaterale. Adesso invece ha tentato la via della pressione internazionale totale: ovvero, massima esplosione di violenza per provocare una reazione smodata di Israele e quindi, l’ intervento mondiale. Sperava che la violenza fosse retribuita con la simpatia di tutto il mondo. Ma non gli è andata bene» . In che senso? « La violenza è andata oltre il segno con il terrorismo suicida; i Paesi Arabi non l’ hanno sostenuto come Arafat si aspettava; Sharon non ha reagito come Arafat si aspettava e anzi ha dichiarato il cessate il fuoco; Israele non si è spezzato moralmente; l’ Europa ha richiesto, insieme all’ America la cessazione preventiva delle violenza perché si potesse ricominciare a parlare. Insomma, Arafat è stato bloccato proprio sull’ idea della violenza retributiva» . E questo può durare? Può Arafat interrompere una corsa in cui tutte le sue organizzazioni sono lanciate? « L’ unico modo in cui questo è possibile, è che la comunità internazionale, e in primis l’ Egitto e la Giordania e l’ Europa, seguitino a spingere per la cessazione della violenza. Se Arafat recupera simpatia usandola, riparte tutto il meccanismo, che ticchetta come una bomba di Hamas» .

 Lascia il tuo commento

Per offrirti un servizio migliore fiammanirenstein.com utilizza cookies. Continuando la navigazione nel sito autorizzi l'uso dei cookies.