CON L’ ESERCITO DI GERUSALEMME NELLA STRISCIA DI GAZA RAFAH Caccia a i tunnel delle armi palestinesi
domenica 23 maggio 2004 La Stampa 0 commenti
RAFAH
DI corsa scendiamo al segnale del comandante israeliano del sud di Gaza,
« Pinky» Suarez dal veicolo corazzato che ci ha trasportato saltando e
slittando all’ impazzata sulla sabbia bianca; sospinti dai soldati ci
buttiamo dentro un piccolo edificio bianco semidistrutto. Ci sparano con
mitragliatori Kalashnikov dalle finestre delle case diroccate sulla prima
linea di Rafah, proprio in faccia alla « strada di Filadefia» , un largo
sentiero di sabbia fina e bianca che divide prima i palestinesi e poi gli
ebrei dall’ Egitto che parte dal mare Mediterraneo di fronte a Gaza e finisce
a Eilat, sul mar Rosso. Ma solo per questo pezzetto di sabbia che corre fra
Gaza e il confine egiziano la strada di Filadelfia è famosa. Perchè qui si
addensano una quantità di problemi che fanno di questa guerra un conflitto
sempre più dannato.
I soldati rispondono con gli M16, il comandante ci fa accoccolare (due
giornalisti tv e la Stampa) per terra gridando « che non si vedano finestre
dalla vostra posizione» . Siamo intorno a un buco tondo nel centro di una
delle stanze, diametro un metro e mezzo, ovvero un uomo più un oggetto
grosso. Il buco è molto profondo, intorno agli otto metri, e dal fondo parte
una galleria che va in Egitto, di là da Filadelfia. Pinky ci parla mentre
gli sta a un centimetro Sharon, ben armato, che lo ha aiutato prima
dell’ alba insieme a altri due soldati, Ilan e a Yaniv a scoprire la
galleria, e far saltare i quaranta chili di dinamite che componevano un
ordigno di protezione per la galleria stessa a pochi metri da essa.
« Questo è una dei circa 90 passaggi che abbiamo scoperto per far entrare
dall’ Egitto nell’ Autonomia palestinese ogni tipo di armi, armi leggere
(Kalaschnikov, pistole) e molte armi pesanti con cui si può sparare fino
alle città israeliane, come è successo tante volte» . Le elenca: Strellot
(missili da spalla antiaereri) Katiushot, Sagerim (missili antitank), RPG, i
grossi tubi da spalla per missili antitank.. la missione del comandante
Suarez, un quarantenne con gli occhiali, spiega lui, non è distruggere case,
non è far del male a civili innocenti, è bloccare il fiume d’ armi, scoprire
buchi così ben costruiti, sopra il cemento in questa terra così sabbiosa, e
dentro pietre una sull’ altra. Così semplice? E tutto il grande disastro di
Rafah? Quelle case semidisabitate sullo sfondo dell’ infelicissima città
palestinese; quelle case rase al suolo, come questa in cui ci troviamo; e
tutti i morti di queste settimane, a partire dal due di maggio, quando sei
soldati israeliani sono stati uccisi forse proprio con uno di quei missili
antitank introdotti dai tunnel, e i loro corpi a pezzi trascinati e passati
di mano in mano come trofei; e due giorni dopo altri sei soldati israeliani,
e prima ancora una madre incinta con quattro creature piccolissime in
auto...e poi invece decine di uomini e anche bambini uccisi nei giorni
successivi durante le operazioni degli israeliani.
Quelle finestre vuote dalle case vuote sulla pista bianca che sotto è un
gruviera, quello sfondo di case grige, la violenza dei terroristi, l’ astuzia
e il cinismo dei contrabbandieri, la tragedia della gente, e sotto i mezzi
corazzati con le reti e i paramenti di camuffamento fanno apparire Rafah
come una città antica destinata a lanciare la sua ombra tragica, e niente di
più , sulla storia. Questi buchi per terra valgono la vita dei ragazzi,
vostri e loro? Il comandante si offende: « Questa operazione è
indispensabile, questa è l’ autostrada di ingresso delle armi che nutrono
tutto il conflitto,buone informazioni di intelligence ci dicono che di là
dal confine aspetta una mandata di armi molto significativa, armi pesanti,
che faranno a pezzi altre centinania, forse migliaia di cittadini. Non
abbiamo altra scelta che fermare queste armi. Quanto alle persone uccise da
noi, forse tutti questi spari inutili l’ avranno convinta che questa è una
guerra. E tenga in mente cos’ è Rafah oggi: una cittadina dominata dai
costruttori di tunnel che guadagnano fra i 30 e i 50 mila dollari a buco, un
centro specializzato, dove la povera gente viene costretta a lasciare la
casa (quando ci arriviamo noi, in genere la gente se n’ è andata da un pezzo)
per un’ attività che mette in pericolo tutta la famiglia, e tutta la loro
proprietà . Ci sono molti casi di rivolta popolare contro il disastro portato
qui dai terroristi e i trafficanti: per esempio una volta un alto dirigente
di Fatah è stato trasportato qui a forza per vedere il disastro, un altro ha
preso botte dai cittadini, ci sono scontri senza fine» .
Però poi insieme marciano contro di voi, e voi gli avete sparato. Il
comandante si arrabbia veramente: « Dovete almeno prendere atto, se siete
onesti, che non erano 23 morti ma erano otto, e invece seguiterete a dire
che abbiamo fatto una strage. C’ è di continuo una valanga di menzogne sul
numero dei morti, anche i due bambini che ci hanno accusato di avere ucciso
sono stati invece uccisi da fuoco amico, palestinese, pare che ci siano le
foto. C’ è molto, molto cinismo nell’ uso della gente, molte bugie, e quando
mi portarono la notizia che con quel proiettile, di cui mi dispiaccio e mi
scuso, avevamo ucciso tanta gente, mi misi a pregare che non fosse vero. E
non lo era» .
I soldati che circondano il comandante sembrano ormai come guerrieri da anni
sotto mura assediate. Ragazzi che da tre anni non vedono che Gaza, sapendo
che destinata all’ evacuazione, e dedicano la loro vita alla battaglia: « Il
premio è che fuori da qui, dove vivono i miei, questa vita non la si
conosce» . Impolverati e stanchi, la notte e il giorno alla ricerca delle
gallerie,e a disinnescare gli infiniti ordigni esplosivi con cui tutte le
strade sono minate; combattono di porta in porta le fitte milizie armate e
le organizzazioni terroristiche, con ordini che salvaguardino la moralità
dell’ esercito e la buona reputazione internazionale, che invece è sempre
sotto attacco. Si barcamenano fra due disperazioni, quella della gente
palestinese cui manca tutto, vite buttate come stracci in una società che
ormai non riesce a ritrovare la distinzione, che pure certo desidererebbe,
almeno fra popolazione civile e guerrieri.
E dall’ altra la loro propria disperazione, gente di vent’ anni che può morire
ogni momento e il cui migliore amico è morto il giorno avanti: « Ancora non
ci posso credere» , sorride con denti bianchi il soldato beduino Faim che a
23 anni ha moglie e due figli a Rahad « anzi no, non ci crederò finchè il mio
cuore non si sarà abituato» .
Gabi e Ilan anche loro sui venti anni, con poche chiacchiere spiegano due
cose: che il loro migliore amico Eran Cohen era uno dei tredici uccisi, il
suo corpo smembrato, ma che questa è una delle missioni più importante e che
si va avanti. E che le ragazze non aspettano i Givati, i soldati di Gaza.
Perchè ? Ma no, nessuna pensa che moriranno....Ma ogni sabato può succedere
qualcosa, e allora si preparano tutte, poi restano a casa...Niente da fare,
non vogliono stare con un ragazzo di quelli di Gaza. E le mamme? Quelle
invece insistono, telefonano ogni cinque minuti, non le regge nessuno.
Il comandante sa, come tutto il mondo che di fatto lo scontro a Rafah e in
generale a Gaza non può continuare così : a che cosa vuole arrivare di fatto
il governo e l’ esercito continuando a tenere i propri carri armati a Gaza?
Pinky risponde che la conclusione dell’ operazione è sempre sullo sfondo:
intanto, spiega, ci sono forti segnali di miglioramento, la maggior parte
delle gallerie sono probabilmente già sotto controllo, e anche molti armati
e terroristi sono stati fermati o uccisi. Le azioni vengono portate fin
dentro al campo profughi, ai quartieri di Brazil (dove ci troviamo) e di al
Sultan, si pensa che ci siano al momento tre gallerie attive di cui si hanno
già buone tracce.
Ma nei giorni scorsi i soldati oltre alle azioni consuete hanno anche
intrapreso una nuova operazione, per ora in sordina, ed è l’ allargamento
della pista di Filadelfia. Si dice che il governo stia decidendo se farne
uno spazio così grande e profondo, un vero fossato medievale, che diventi
invalicabile ai contrabbandieri di armi. Gli egiziani svolgono intensi
colloqui con gli israeliani sull’ argomento, dopo avere evitato per anni di
prenderne cura, e cominciano a parlarne anche con i palestinesi.