Fiamma Nirenstein Blog

COME NASCONO I NUOVI VALORI PRETI, ANDATE AL CINEMA

giovedì 29 giugno 2000 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein I preti (parlo di tutte le religioni) dovrebbero andare di più al cinema. So che i vescovi cattolici ci vanno un po’ , quando i film sono adatti, e i gran rabbini pochissimo, e i mufti meno che mai. E adesso, un secondo desiderio: i laici che si lamentano sempre del fatto che l’ unico vaso recettore e da cui pure discendono valori sia la religione, dovrebbero anche loro andare di più al cinema. Dal grande schermo, specie da quello americano, vedrebbero invece come il nostro tempo sia quanto a valori un diffusore in confronto al quale l’ esegesi biblica non ha poi fatto molto. Nei giorni in cui infuria la polemica sul Gay Pride; nei tempi in cui in cui i moralisti genetici e antimanipolatori della sacralità intrinseca all’ essere umano e della sua intoccabilità (ciò che investe ovviamente la vexata quaestio dell’ eutanasia), al cinema trovi risposte semplici e plausibili. Mi vengono in mente due film usciti nei mesi scorsi. Il primo è Sai che c’ è di nuovo con Madonna e Rupert Everett, regia di John Schlesinger, che trova sul tema dell’ omosessualità un’ atteggiamento delicato e affettuoso, in cui la « normalità » dell’ omosessuale è simboleggiata proprio nel formarsi di una pur controversa famiglia con tanto di paternità . Nel secondo film, L’ uomo bicentenario con Robin Williams, anch’ esso destinato a un pubblico poco sofisticato, c’ è una tesi, anzi almeno un paio, ancora più significative: si tratta di un robot che percorre fino in fondo la strada per diventare un uomo a tutti gli effetti. Vuole la libertà , vuole amare, vuole anche morire. E per fare tutto ciò , ovvero per costruire l’ uomo, va ben oltre la manipolazione genetica, lo stravolgimento delle leggi naturali: è un uomo che si autocostruisce in quanto tale, e per farlo cerca l’ aiuto della scienza. Anche per morire cercherà l’ aiuto altrui. E questa autocostruzione è inutile cercare di interpretare in chiave di parabola puramente astratta, perché è l’ uomo nella sua pelle e nei suoi nervi che si autoproduce, porta infine a una creatura che potremmo definire ottima, un distillato di buoni sentimenti e gesti di coraggio. Non ci interessa qui parlare della qualità dei due film. Ci interessa invece dire che la loro piana accettabilità , il loro appellarsi al buon senso dello spettatore per arrivare a conclusioni in fondo rivoluzionarie o almeno innovative, dimostra quanto è ridicolo immaginare che un sistema di valori di esclusione e condanna possa alla lunga battere quello dei diritti umani, che ti accetta per quello che sei e per le scelte che fai. Quello che però appare altrettanto chiaro dalla lettura di questi film è che l’ eccentrico tende ormai a essere sussunto in una sorta di restaurazione che compatta la società intorno a valori di vita conformi. E non devianti, come usava un tempo. L’ omosessuale è molto ben accetto quando ha una parvenza di famiglia; il mutante fa di tutto, anche se sa benissimo di essere ormai un uomo, perché una Corte di Giustizia sancisca agli occhi della comunità il suo status. C’ è in corso una trattativa fra gli antichi devianti, ormai nuovi cittadini a 360 gradi, e la società : si tratta su quanto il difforme debba accettare il conforme, e non viceversa. Forse anche la prossima manifestazione gay dovrebbe tenere conto di questa indicazione: l’ accettazione della condizione omosessuale è ormai molto vasta, ed è legata a un riconoscersi nelle stesse regole sociali, così come molte altre condizioni (per esempio quella della donna) che prima richiedevano una messa in scena molto provocatoria. Forse ormai superata grazie all’ enorme, insperata e laicissima crescita del senso dei diritti umani.

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