Clima da Intifada a Betlemme, disordini per la nuova moschea davanti alla chiesa dell’ Annunciazione a Nazaret Una Terra Santa rovente per fin e millennio Scontri e minacce di fanatici attendono milioni di pelleg rini
domenica 31 ottobre 1999 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
GERUSALEMME
Con Natale e il 2000 ormai a due mesi di distanza, il Medio Oriente
sembra
fare sberleffi alla gran voglia di celebrazioni del Giubileo. La
Chiesa ha
un bel dire che 140 comitati lavorano in tutto il mondo per preparare
l’ evento; il Papa stesso ha annunciato la celebrazione della nascita
di Gesù
sia a Roma sia in Terra Santa e ha fatto sapere, sia pure in modo
controverso, che sarà personalmente pellegrino in Israele e
nell’ Autonomia
Palestinese: tuttavia le bizzarre e spesso sanguinose dispute di
quest’ area,
e adesso anche la nuova febbre millenaristica, rischiano, se non di
mandare
all’ aria i preparativi, perlomeno di metterne a rischio i risultati.
Una lista dei guai in corso. Betlemme già da alcuni giorni è teatro
di
scontri con morti e feriti, paragonabili a quelli dell’ Intifada: la
cittadina dove si trova la grotta del bue e dell’ asinello è stata con
grande
spesa restaurata e abbellita; Arafat ci ha investito denaro e onore
pensando
alla visita del Papa con le telecamere di tutto il mondo e ai 4
milioni di
pellegrini previsti... Però , il lancio di pietre, di lacrimogeni, e
persino
i proiettili che vagano nell’ area del santo villaggio, non sono
incoraggianti.
Nazareth, la casa di Maria, altro grande polo di attrazione
cristiana, è
sconvolta dal conflitto musulmano-cattolico per l’ area antistante la
grande
chiesa dell’ Annunciazione: i musulmani, irritati dalla pacifica
occupazione
ideologica e territoriale che il Giubileo opera nella città che
spartiscono
con i cristiani, vogliono a ogni costo costruirvi una moschea che
fronteggi
la chiesa. Il clima di tensione sfocia spesso in scontri e in atti di
vandalismo contro i cristiani e anche in accuse agli ebrei, che non
sono
capaci di mantenere l’ ordine nella cittadina arabo-israeliana.
Ancora: molti luoghi santi sono in una situazione di generale ritardo
nei
preparativi logistici, nel sistemare strade, alberghi, musei,
strutture in
restauro, parcheggi per il grande afflusso previsto: lo sforzo
dell’ autorità
tuttavia è grande, e anche se con la lingua di fuori, il traguardo
potrebbe
quasi essere raggiunto in tempo. Ma ci sono invece guai che possono
essere
sciolti solo da una mano santa, oppure dall’ uso di un’ autorità che
scatenerebbe guai peggiori dove regna la logica dei millenni.
Il Santo Sepolcro, sempre zeppo di turisti cristiani e quindi certo
ancor
più affollato durante il Giubileo, avrebbe un disperato bisogno di
un’ uscita
di sicurezza. Che peraltro già esisterebbe, dato che sarebbe
sufficiente
togliere il lucchetto a un bel portale antico, non meno imponente
dell’ unico
accesso-uscita del santuario. Ma dal 1178, con la conquista del
Saladino,
tutte le porte sono state chiuse, e la chiave dell’ unica in funzione
è
affidata a una famiglia musulmana il cui simpatico discendente, un
signore
piccolo con i baffetti e grande senso del suo ruolo, a tutt’ oggi si
pregia
di aprire alle 4 di mattina e di chiudere la sera. E poiché ogni
centimetro
della chiesa è diviso fra greco-ortodossi, cattolici, armeni, copti,
ciascuno dei quali esercita una sorveglianza molto decisa e anche
aggressiva
sullo status quo, ogni pietra, ogni trave, tutto è intoccabile. Basta
pensare che uno scaleo di legno a pioli, piccolo e insignificante,
appoggiato sul tetto per riparazioni delle tegole secoli fa, non può
essere
rimosso perché nessuna fede ne concede all’ altra il diritto. Adesso,
solo i
francescani, a loro onore, si sono dichiarati favorevoli all’ apertura
del
portale.
Infine, per restare solo ai problemi più evidenti, stendono un’ ombra
cupa
sulle celebrazioni i pazzi millenaristi (individui appartenenti a
sette che
abitano il Monte degli Ulivi in attesa del Giudizio Universale): 13
membri
dei « Concerned Christian» sono stati espulsi giovedì . E’ il terzo
caso del
genere e si teme che specie dall’ America possano seguitare a fioccare
in
Israele fanatici intenzionati a commettere suicidio nella delusione
del
mancato ritorno del Messia, o intenzionati ad aiutarlo a venire
facendo
saltare per aria le moschee per restituire al possesso degli ebrei la
zona
del Tempio di Salomone.
Tutto questo mentre l’ orologio ticchetta: si avvicina l’ avvento di
grandi
masse che, secondo quanto dice suor Lucy Torson, dell’ ordine delle
Sorelle
dei Figli di Sion che lavora su incarico del Vaticano onde
documentare il
rapporto fra ebrei e cristiani, « hanno un’ ignoranza stupefacente di
giudaismo, non sanno nulla del mondo ebraico, e tanto meno di
Israele» . Lo
Stato d’ Israele, consapevole del fatto che anche gli antichi
pregiudizi
smantellati dall’ attuale Papa sono duri a morire, sta cominciando a
denunciare questo problema: a milioni, i turisti del Millennio, se
nessuno
suggerirà loro di visitare un kibbutz o il Museo dell’ Olocausto, si
riverseranno nei luoghi santi di Gerusalemme, di Nazareth, del Mare
di
Tiberiade, senza sapere neppure dove si trovano al giorno d’ oggi.
L’ ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, Aharon Lopez, ha
chiesto che
la Chiesa incoraggi i pellegrini a darsi un’ occhiata intorno.