Chiede la fiducia su una mozione oltranzista che porterà al voto anti cipato Netanyahu, 5 punti per farsi dire no Sharon: annettiamo i Territori
lunedì 21 dicembre 1998 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV
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Per il governo Netanyahu è giunto alla fine, dopo tante tempeste,
il "grande lunedì ", come lo chiamano qui. Che il governo debba
cadere a causa della mozione del partito laborista, che propone
appunto le elezioni anticipate, o a causa delle parole stesse di
Netanyahu, dopo che si è respinta la piattaforma politica per cui
il primo ministro chiede l'approvazione, in fondo è poco
importante. Un brivido di paura o di soddisfazione fa vibrare
Israele: il politico che moltissimi hanno amato odiare, colui che
ha portato un autentico cambio di regime dopo l'assassinio di
Rabin, mangia la polvere.
Comincia di nuovo la guerra per una visione del mondo, lo scontro
tra la vecchia classe dirigente ashkenazita sionista e socialista,
e quella sefardita, religiosa, eppure anche liberista-americana di
Netanyahu. Sarà una lotta a coltello su tutto: la pace, la terra,
lo Stato palestinese, Gerusalemme. I deputati eletti dai coloni,
che pure considerano Bibi un traditore, temono di non tornare mai
più al governo, di essere cancellati dalla storia. Ieri notte,
infatti, hanno tenuto frenetiche consultazioni per decidere se
votare la piattaforma del primo ministro. Egli chiede come
condizione, per procedere allo sgombero promesso dall'accordo di
Wye, la cessazione di ogni violenza anche verbale nell'Autonomia
palestinese, la fine della minaccia di dichiarare unilateralmente
lo Stato palestinese il 4 maggio, una riduzione delle forze di
polizia, la raccolta delle armi illegali, e la fine della richiesta
di rilasciare i membri di Hamas, o assassini condannati, dalle
celle israeliane. Richieste di per sé non irragionevoli, ma
impossibili da realizzare se non nel corso di un lungo processo
politico, che di fatto rimanda il ritiro sine die.
Comunque, i 52 membri dell'opposizione hanno bisogno di poche
defezioni dal campo avverso per arrivare ai 61 parlamentari
necessari per far cadere Netanyahu. Che Bibi sarà il candidato del
Likud, sembra quasi sicuro. Ma c'è un'insidia interna: Yitzik
Mordechay, il massiccio ministro della Difesa di origine curda, una
colomba che ieri non è andato alla riunione di gabinetto per
manifestare il suo dissenso verso il mancato sgombero.
Ma il più assediato all'interno non è Bibi, bensì il suo
diretto antagonista, Ehud Barak, leader della sinistra, ex capo di
stato maggiore. Sta vertiginosamente crescendo, infatti, in questi
giorni, l'aspettativa verso Amnon Lipkin Shahak, l'ultimo ex capo
di stato maggiore, che potrebbe guidare un terzo partito collocato
al centro, oppure unirsi a Barak. Di lui la gente ricorda
soprattutto quando, con il bel viso bagnato dal pianto, la camicia
della divisa slacciata sul collo, prese la parola nel grande teatro
di Tel Aviv per ricordare il suo amico e padre putativo Yitzhak
Rabin.
Shahak, che è chiamato "il principe del silenzio" perché da
bravo militare non ha mai fatto sapere le sue visioni politiche o
strategiche, in questi giorni si è incontrato ripetutamente con
Barak. Quest'uomo, padre di cinque figli, sposato per la seconda
volta con una vivacissima giornalista, Tali, impegnata nel
movimento pacifista, può rubargli facilmente la scena. "Va bene -
gli ha detto Shahak - mettiamoci pure insieme: ma chi ha le
maggiori possibilità di battere Netanyahu diventi il capolista".
Barak si è allora tirato indietro inorridito. E ha chiamato in
gioco la sua più fedele sostenitrice, Leah Rabin, che lo ha sempre
considerato il delfino del marito. Nella casa al settimo piano
della periferia di Tel Aviv dove vive, la vedova di Rabin ha
invitato i due sabato sera ad accendere le candele di Khanuchà , e
li ha abbracciati: "Yitzhak vi amava molto ambedue. Prego il cielo
perché possiate trovare un accordo". Ma Shahak, visto che i
sondaggi gli danno il 50% dei consensi, anche se Leah gli è cara e
la sinistra seguita a insistere che è facile bruciarsi essendo
solo un soldato, ha annunciato già da domani le sue dimissioni
dall'esercito. Davanti a lui la strada è libera. Il suo
personaggio è disegnato: il guerriero della pace, l'erede del
bell'Israele di Rabin.
Ieri il ministro degli Esteri israeliano Ariel Sharon ha lanciato
una proposta che seppellirebbe il processo di pace: un disegno di
legge per l'annessione dei Territori della Cisgiordania e della
striscia di Gaza ancora sotto il controllo dello Stato ebraico
qualora Arafat proclamasse effettivamente lo Stato palestinese il 4
maggio prossimo. Netanyahu ha demandato al consigliere giuridico
dell'esecutivo di valutare la questione e preparare una bozza.
Fiamma Nirenstein