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CHI HA GIOCATO CON LA STORIA?

mercoledì 4 ottobre 2000 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein OGGI che Arafat, Barak e Madeleine Albright si incontrano a Parigi nel tentativo di ritrovare il filo di un dialogo interrottosi nel sangue, anche a noi, all'opinione pubblica europea, spetta il compito finora nient'affatto realizzato, di tenere alta la bandiera dell'equanimità . E questo si può fare con ciò che vi è di più prezioso nel giudizio, ovvero con una limpida memoria degli eventi. I due leader che si incontrano oggi, non appartengono al tempo dell'Intifada, come improvvisamente, quasi soffrissimo di vuoti mentali, sembriamo pensare insieme a Jacques Chirac, che non esita un attimo a prendere la parte dei palestinesi. Con tutto il dolore per i morti dell'una e dell'altra parte, dobbiamo fare lo sforzo di ricordare che l'accordo di Oslo ha ormai sette anni; che Barak, il primo Ministro d'Israele ha testè offerto ad Arafat un accordo da tutti ritenuto molto buono, di cui si sa per vie traverse che contempla la consegna di più del 90 per cento della West Bank, e che secondo quest'accordo è stata disegnata la nuova mappa di una Gerusalemme condivisa nei luoghi profani e quelli sacri. La definizione della Spianata delle Moschee sita tuttavia sul Monte del Tempio come luogo unicamente islamico è del tutto nuova ed è questa ad aver causato l'escalation per altro religiosa e non nazionale delle aspettative palestinesi. Arafat, forse perché colpevolmente spinto dai Paesi arabi più estremisti, non ha accettato le proposte israeliane, alienandosi così parte di quell'opinione pubblica internazionale il cui consenso gli è sempre stato indispensabile ad ogni passo della sua lunga marcia verso lo Stato Palestinese. Rimasto isolato internazionalmente, Arafat, che abbia o meno dato il via ai moti che ha certamente sostenuto, ha spinto una guerra armata che gli riporta intorno un consenso perduto. Sperando che possa richiudere facilmente il vaso di Pandora aperto in occasione della malaugurata visita di Sharon sulla Spianata, bisogna però capire che la dinamica degli scontri, così sanguinosi, non è legata a una presenza di Israeliani che sparano all'impazzata su territori occupati, ma a scontri sulla frontiera dell'Autonomia Palestinese dove sull'esercito di Israele si rovesciano immense folle furiose sostenute dalle milizie armate dei tanzim e della polizia palestinese. Per aiutare la pace, bisogna ricordarsi di chi è stata l'offerta, e di chi il rifiuto, così da non eccitare ulteriormente la speranza che con la violenza tutto possa essere ottenuto.

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