BISOGNA CELEBRARE LA FESTA CRISTIANA ANCHE SE ARAFAT NON VERRÀ Betlem me val bene la messa
domenica 22 dicembre 2002 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
A Betlemme è piovuto in modo inusitato: sia israeliani che
palestinesi non
sono adatti all'inverno, le loro finestre, le loro mura e i loro cavi
elettrici si rompono. Ma mentre a Gerusalemme i tecnici vengono
presto a
sistemare i danni, nella bufera di Betlemme, mi dice al telefono il
mio
amico Ahmad, si resta al buio. Cosi è rimasto lui, nell'oscurita con
la
bambina piccola, e fuori il vento urlava. Meglio non uscire, anche se
il
coprifuoco è già stato tolto. Ma non ci sono addobbi nella piazza
della
Mangiatoia dove passano un paio di camionette anche se si sa che se
ne
andranno presto. I mezzi pesanti sono usciti, e vieppiù usciranno
quanto più
il Natale si approssima: saranno appena fuori città , sorveglieranno
che da
Betlemme non escano altri attentati terroristici come quello del 21
novembre
quando undici ragazzi che andavano a scuola e lavoratori sono stati
uccisi
su un'autobus da un terrorista suicida.
Quattro giorni or sono vari notabili betlemitani, si riferisce in
segreto,
sono usciti dalla cittadina e si sono diretti verso Ramallah: questo
Natale
non s'ha da fare, ha detto loro Arafat, finché i soldati israeliani
sono in
città , finché io non posso venire alla Messa. Niente addobbi, messa
in
sordina, gli scout non andranno in piazza in corteo con i tamburi.
Monsignor
Sambi, il delegato apostolico in Israele e persino Monsignor Sabbà ,
che è
palestinese e patriota fino ad aver giustificato l'invasione armata
della
basilica l'anno scorso, quest'anno l'hanno detto chiaramente: se
Arafat non
viene, questo non significa che non sia Natale.
Ovvero: l'epos palestinese creatosi con la discesa salvifica di
Arafat in
elicottero sulla piazza della Mangiatoia per prendere possesso della
città
nei giorni del processo di pace, non è più oggi, un tutt'uno con il
significato cristiano di Betlemme, culla del Dio fattosi uomo. Su
Betlemme
si è creata una confusione concettuale: il desiderio di redenzione
nazionale
del popolo palestinese tutto, cristiano e musulmano, si è
sovrapposta,
secondo un intelligente disegno politico di Arafat, con la redenzione
cosmica di Gesù . Ma la storia di questi due anni di Intifada ha preso
il
sopravvento sulla metastoria. Gli uomini che entrarono nella Basilica
l'anno
scorso, c'è poco da fare, lo si voglia o no, ci entrarono armati, con
dei
fitti records di appartenenza a gruppi armati e terroristi, con un
passato
di agguati ai civili di Gilo e di organizzazione di terrorismo
suicida.
L'esercito, è vero, li aspettava fuori assediandoli con le armi, ma
questo
non ha cancellato l'identità dei terroristi, che hanno lasciato la
Chiesa
più santa per la cristianità vilipesa e sconciata fin nella Grotta.
Sarà in
parte per via dell'assedio israeliano, ma è difficile vedere un ruolo
salvifico negli armati palestinesi in Chiesa, identificarli con i
cristiani,
o addirittura con la Chiesa, sostenere che essi erano dalla parte
della
ragione e Israele, alla caccia di terroristi, del torto.
Israele ha lasciato la zona in agosto in base a un accordo con
l'Autonomia
Palestinese che si prendeva la responsabilità di bloccare il terrore.
Betlemme è stata la prima delle città (Bethlehem first, si chiamava
il
piano) in cui si è sperimentata la disponibilità alla pace. Il
risultato è
stato scoraggiante: ci sono stati molti altri attacchi da Betlemme in
sequenza con quelli precedenti. La cittadina è divenuta uno dei
centri
propulsivi del terrore proveniente da tutto il West Bank: la
terrorista
sedicenne che facendosi saltare ha ucciso in un supermarket un'altra
sedicenne e ferito decine di persone che ora conservano chiodi nel
corpo e
invalidità permanenti; le sparatorie contro il quartiere di Gilo; il
doppio
attentato di Rishon, in cui la terrorista donna si pentì per strada e
il
ragazzo esplose uccidendo varie persone; prima ancora, l'attentatore
di Meah
Shearim (una decina di morti, famiglie intere con neonati all'uscita
di una
festa religiosa).
Betlemme, per la facilità dell'accesso in Gerusalemme è centro di
smistamento di tanzim, hamas e jihad. L'esercito è tornato, ha
imposto il
coprifuoco, ha creato sofferenze anche ai poveri cristiani, che già
sono
tanto impauriti dagli estremisti islamici. Ha cercato i responsabili,
ne ha
presi diversi, ha distrutto della case. Piace questo? No, ma Israele
ha
un'altra scelta? E' vero che Betlemme è la culla di Gesù , ma
purtroppo anche
una potente centrale terroristica. E da qui a immaginare che Arafat
rappresenti il vero Natale in una cittadina da cui la popolazione
cristiana
e il suo epos vengono messi a repentaglio continuo, da qui a
immaginarsi che
Arafat legittimi la Messa di Natale, ce ne corre. Arafat non è Gesù ,
e
Israele non è Erode, anche per quelli che sperano in una soluzione
pacifica
con due stati per due popoli.