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Barak vuole chiudere il negoziato entro il 2000 e anche Assad ha fr etta: resta il nodo cruciale del Golan Israele e Siria al tavolo american o Via domani alle trattative di pace a Washington

lunedì 13 dicembre 1999 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein Per il capitolo più vagheggiato nella storia ovvero quello dei sogni che diventano realtà , Ehud Barak parte alla volta di Washington per dare il via domani ai negoziati di pace con la Siria. Il capo della delegazione siriana Farouk Ha Shara, il sempiterno ministro degli Esteri di Assad e suo fidatissimo alter ego capitana la delegazione siriana. E’ lui che alla conferenza di Madrid, nel 1991, durante i primi nervosi ed aggressivi tentativi, disse agli israeliani di fronte al consesso internazionale che li considerava né più né meno dei terroristi: da allora, ne sono successe di cose. La Siria ha cessato di essere il Paese armato e nutrito dall’ Urss, l’ orologio biologico di Assad con la sua malattia e i suoi guai di successione familiare, ha giocato un ruolo altrettanto grande quanto il ticchettio del tempo politico di Barak, il primo ministro laburista che ha puntato molto della sua possibilità di entrare nei libri di storia su un trattato di pace con la Siria oltre che sulla conclusione degli accordi con i palestinesi. Innanzitutto, Barak è un uomo di grandi sfide intellettuali, che percepisce Assad come un intrigante puzzle intellettuale, perverso, un rais dal pugno di ferro orientale, crudele e autoritario, e insieme un leader dall’ aspetto raffinato, quasi intellettuale ed anglosassone nel tratto. Barak vuole farcela con la Siria, che si è sempre percepita come il vero nemico, lo Stato che non ha mai smesso, a differenza di tutti gli altri compreso l’ Egitto, di sognare di buttare Israele in mare sulla punta della baionetta. Tutti i predecessori di Barak hanno fallito nonostante sforzi immani nel tentativo di aprire la porta di Damasco. Barak, che ama giocare nel ruolo del piccolo superman, vuole essere più bravo di Rabin: fare il miracolo già nel 2000, cosa non impossibile, visto che la Siria ha fatto sapere che il negoziato potrebbe concludersi entro qualche mese. Anche il tempo politico di Clinton, quasi alla fine del suo mandato, sta per scadere: è una missione storica anche per il presidente degli Stati Uniti, che infatti ci dedica grandi energie e molto tempo, essere l’ uomo che ha portato la pace nella zona più tormentata del mondo, il Medio Oriente. Un punto molto importante, è che in definitiva la trattativa con la Siria in un certo senso è assai più semplice di quella con Arafat: con i palestinesi c’ è un intrico spaventoso di simboli religiosi e politici, di confini che si intersecano. Con Assad la posta in gioco è semplice, ed è già disegnata dalla storia: le alture del Golan. Assad non andrebbe agli incontri di Washington se non avesse già in tasca alcuni precisi buoni propositi israeliani in questo senso. D’ altra parte, visto che le decisioni israeliane sono vincolate ad un referendum da tenersi sull’ argomento, e che l’ opinione pubblica è spezzata letteralmente a metà , i siriani sanno che gli altri punti della trattativa devono essere presi molto sul serio, e i contenuti risultare soddisfacenti per Israele. Si tratta della smilitarizzazione del Golan, della quasi smobilitazione dell’ esercito siriano dalla zona fra Quneitra e Damasco, della presenza di una forza Onu nel Golan, e di una serie di stazioni di avvistamento coadiuvate con sistema di satelliti e di aerei su cui gli israeliani abbiano il controllo. Gli israeliani, infatti, nella storia hanno già avuto plurime sorprese nel veder sorgere dal nulla, da dietro le creste di quei monti che dominano tutta la Galilea fino al mare, schiere di carri armati siriani e di missili puntati sulle loro città . Senza contare le incursioni terroristiche che hanno fatto migliaia di morti nei kibbutz dell’ Alta Galilea. Si discuterà a Washington anche della drammatica questione dell’ acqua: un terzo, infatti, del fabbisogno israeliano, viene dal Lago Kinneret, ovvero il Mare di Galilea e da una parte del Giordano che risulterebbe in controllo siriano secondo i desideri di Assad: Barak dirà chiaramente che questi bacini devono rimanere in possesso di Israele. Una questione fondamentale è l’ apertura parallela di trattative con il Libano e per il Libano: Israele, ormai rassegnata ad una presenza siriana sempiterna in quella nazione, è tuttavia pronta a smobilitare la fascia di sicurezza a patto che gli hezbollah armati dalla Siria con l’ intervento anche dell’ Iran, smettano di bombardare una volta per sempre le città dell’ Alta Galilea. Sarà la Siria a dovere dare precise garanzie su questo.

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