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Barak rinuncia e si ritira dalla vita politica Una lettera a Shar on: tra noi non c’ è fiducia, non sarò un tuo soldato

mercoledì 21 febbraio 2001 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein GERUSALEMME Nel mezzo di una nottata gelida e nevosa Ehud Barak scompare dalla scena politica: il colpo di scena è arrivato sulle onde della tv quasi a mezzanotte. La dream team Sharon-Barak-Peres al governo non si fa più . In una lettera amara e dura il primo ministro sconfitto ha scritto in buona sostanza in una lettera al primo ministro vincente: mi dispiace, non ci sto. Non mi avrai nel tuo governo come ministro della Difesa. Ne hai dette troppe in questi giorni ai giornali: hai fatto credere che io fossi pronto a occupare quella poltrona ad ogni costo, persino a quello di sedermi nello stesso esecutivo con personaggi come Lieberman o Gandhi, gente con la quale non potrei mai condividere niente; hai fatto ritenere che sarei pronto a essere un tuo soldato. Ma non è così . Tu sai bene che per accettare il ruolo di ministro della Difesa sarei stato invece costretto a pagare grandi prezzi personali e politici. Testualmente Barak ha scritto a Sharon: « Non c’ è fiducia fra di noi» . Barak si è detto convinto che si debba fare un governo di coalizione, senza però indulgere a cedimenti politici, ma solo per fronteggiare la situazione di estrema emergenza nazionale. Nelle stesse ore, Barak si è dimesso anche dalla carica di segretario del partito e da qualsiasi incarico pubblico. La sua uscita così repentina e violenta sembra dettata, da una parte dalla rabbia che devono avergli causato la dichiarazione di Sharon: egli, ripondendo ad alcune dichiarazioni aspre del primo ministro uscente, aveva detto che comunque anche un altro laburista, forse Shimon Peres, avrebbe potuto benissimo svolgere un buon lavoro alla Difesa. Ma d’ altra parte Barak si è certamente sentito abbandonato dai suoi, linciato senza pietà dopo la clamorosa sconfitta da un pletora di Bruto che lo accusano di tutti i guai portati dal fallimento del processo di pace al partito e al Paese. Barak è stato certamente il capro espiatorio di un affondamento della sinistra israeliana che ha avuto come causa maggiore il diniego di Arafat agli accordi proposti: ma per la sinistra ammetterlo vorrebbe dire rinunciare alla speranza. Si è preferito crocifiggere Barak e certo il capo dei laburisti ha stimolato le critiche con un comportamento contradditorio che lo ha prima fatto dimettere nel giorno stesso della sconfitta, e poi subito dopo rientrare in campo fra un coro di critiche. Emblematicamente la tv subito dopo aver parlato della lettera ha riportato la notizia dell’ ennesimo agguato a un guidatore (in condizioni gravi) su una strada che da Gerusalemme sfiora Betlemme; e la giornata aveva tutta quanta avuto un andamento molto tempestoso, con la liberazione da parte di Arafat del terrorista Mohammed Def e degli assassini del ragazzo attirato in una trappola amorosa e poi assassinato a Ramallah, nonché degli assassini dei due ristoratori di Tel Aviv, anche loro uccisi a sangue freddo. Gli israeliani avevano tentato un rapimento dello sceicco Nasser Khaled Jerar a Burkin in Samaria, uno dei capi di Hamas nell’ area senza riuscirci: il commando è stato salvato dagli elicotteri sotto il fuoco palestinese. In questa situazione i laburisti si avviano alla trattativa per il governo scompaginati e dispersi: il loro Comitato Centrale lunedì dovra subito scegliersi un leader, e non si sa davvero chi in queste ore continuerà la trattativa con Sharon.

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