Assad prepara il suo popolo all’accordo con l’odiato Stato ebraico: v uol concluderlo prima che torni il Likud Poster di pace a Damasco La citt à pavesata:
domenica 25 settembre 1994 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Non dev’essere davvero stato facile per il
vecchio Assad di Siria intraprendere la battaglia della
comunicazione, calcare il terreno dei media, occuparsi dell’opinione
pubblica siriana: in tanti anni di dominio incontrastato e tirannico
sul suo Paese e di egemonia sul Medio Oriente, certamente il consenso
non è stato il suo primo pensiero. Adesso, invece, dalla visita del
delegato americano Dennis Ross, Assad ha mobilitato tutto
l’armamentario propagandistico, che da decenni si esprimeva in
funzione anti-israeliana e anti- occidentale, verso uno spettacolare
rovesciamento. Damasco e dintorni sono coperti di messaggi in favore
della pace. Gli strumenti della propaganda siriana sono, come
ovunque, la televisione, la radio, i giornali; ma si fa anche uso di
una selva di bandierine e striscioni color pastello che sovente
recano l’immagine del presidente, e stavolta invece invitano a
pace dei bravi; oppure ricordano che
conduciamo negoziati con onore; faremo la pace con onore. Poco tempo
fa gli stessi striscioni dicevano:
forza, ci verrà restituito con la forza; naturalmente il
riferimento era al Golan e alle guerre del ‘67 e del ‘73; ma il
sottinteso, molto più vasto, era che Israele viveva di prepotenza e
di prepotenza, prima o poi, sarebbe perito. Adesso invece anche Radio
Damasco ha il mandato di ripetere che la Siria vuole la pace, e il
giornale ovvero l’organo della parte di Assad, ha scritto
che
conquistare. Il giornale fa persino un curioso accenno alla supposta
volontà di pace del grande odiatissimo falco Ariel Sharon. La
televisione ha trasmesso inoltre con evidenza l’incontro fra Rabin e
il re giordano Hussein nonché gli incontri fra le delegazioni
israeliana e giordana. Poi, non si sa come, è filtrata fra i siriani
la notizia segretissima che l’ambasciatore siriano a Washington Walid
Mohalem si è incontrato a quattr’occhi con quello israeliano Itamar
Rabinowich, per dei colloqui lunghi e oramai zeppi di questioni
tecniche: quando inizierà il ritiro dal Golan? da dove? e in che
tempi? e quanta parte dei rispettivi eserciti e delle forze Usa
dovrebbero garantire la pace? Oramai quasi tutti dunque in Siria sono
consapevoli più o meno di un fatto: il Capo pensa ormai che Israele
non è quel mondo condannato, quel granello di polvere sul mantello
dell’universo islamico, ma uno Stato confinante con cui fare la pace.
Perché Assad si è deciso ad agire al cospetto del mondo invece di
portare in porto le trattative tramite la diplomazia segreta,
soprattutto dato che in Israele esiste ancora un fortissimo movimento
che si contrappone alla restituzione del Golan? Innanzitutto due
fattori psicologici importanti: la malattia che lo perseguita da
anni, e la morte del figlio Basal Assad hanno posto all’anziano rais
il problema della corsa contro il tempo; mentre l’accerchiamento
dell’integralismo islamico si fa sempre più conturbante e rischia di
spazzare via persino la memoria del dominio di Assad. Assad inoltre
ha una netta percezione di quanto rapidamente è possibile perdere il
primato e i vantaggi acquisiti: prima il crollo dell’Urss, che era il
suo maggiore sostenitore. Poi l’esclusione dal tavolo vero della pace
che è stata conclusa con i palestinesi e con re Hussein senza
consultarlo. E infine dopo l’incontro con Clinton a Ginevra nel
gennaio ‘93, la furiosa reazione americana all’esclusione dei
giornalisti israeliani dalla conferenza stampa voluta dal presidente
siriano. Tutti questi elementi han fatto capire ad Assad che è
venuto, ora o mai più , il tempo di conquistare definitivamente la
pace alla futura memoria del suo dominio. Inoltre, chissà se fra due
anni Rabin sarà ancora il primo ministro, dato che le elezioni
incombono. Un governo Likud certo non gli restituirebbe mai le alture
tanto bramate. Ma nei Paesi arabi, occorre sempre guardar bene alle
dinamiche interne, ai miniacciosi messaggi incrociati: si sa che il
generale Ali Haider, uno degli uomini da sempre più vicini ad Assad,
ha manifestato in riunioni segrete con alti gradi dell’esercito il
suo dissenso alla pace con Israele. Haider si era anche autocandidato
alla successione dopo la morte del figlio prediletto di Assad. Adesso
che Assad ha scritto su tutti i muri di volere la pace Haider sa bene
che cosa il presidente pensa delle sue idee e delle sue mire; e sa
che il boss non manda a dire due volte la stessa cosa. Infine, Assad
ha voluto mandare un messaggio anche all’opinione pubblica israeliana
che si oppone alla pace: vedete, dice con le sue apparizioni
televisive e le sue bandierine, non sto ingannandovi come vi
suggerisce la destra. Datemi il Golan, la pace è a due passi. Parola
di vecchio lupo. Fiamma Nirenstein