Arriva a Durban una sfida per Sharon Alla Conferenza contro il razz ismo il padre del piccolo Muhammad
venerdì 31 agosto 2001 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
inviata a DURBAN
La grande corte dei miracoli delle organizzazioni non governative
(Ong) dove
ogni colore, ogni miseria, ogni rabbia sono rappresentate; un
villaggio
ultramoderno in cui infinite burocrazie controllano con verifiche
infinite
di sicurezza giornalisti, delegati e funzionari e li dotano di grandi
placche di riconoscimento; un fiume di determinazione per fare di
questa
occasione un gigantesco pollice verso contro Israele; un cauto
navigare, in
giacca e cravatta, per restituire alla prima grande conferenza
dell’ Onu del
millenio a buon diritto il suo titolo :« Conferenza mondiale contro il
razzismo» . Durban, l’ antica città che nel regno degli Zulu ha
conosciuto il
sangue dei boeri e degli inglesi, grigia nel suo tiepido
piovviginare, è
finalmente al via: oggi comincia sul ring del Centro dei congressi
l’ incontro che doveva solo portare consiglio contro il razzismo, e
poi
invece portare al disastro concettuale della grande assemblea
dell’ Onu che
appende la Stella di David a una svastica.
Il match si svolge fra lo stadio di cricket Kingmead, dove per tre
giorni si
è tenuta l’ assemblea delle Ong (10 mila delegati, sostiene
l’ organizzazione), il Centro congressi dotato di una quantità di sale
e di
edifici ultramoderni, e l’ Hotel Hilton. Le strade intorno anche oggi
ospitano manifestazioni soprattutto anti-israeliane. Lungo le vie,
donne con
treccine e ragazzini guardano l’ insolito via vai. Allo stadio ieri è
giunto
Kofi Annan per parlare alle sue truppe (« Nessuna conferenza dell’ Onu
è
completa senza il suo forum di Ong» ), ai suoi « attivisti della
società
civile» come li ha chiamati: con la voce pacata che invitava a
riconsiderare
l’ assetto ideologico e belligerante dell’ incontro, ha richiamato alla
dimensione globale del razzismo, alle colpe di cui nessuno è scevro.
Non ha
citato mai il conflitto israelo-palestinese. E’ stato contestato a
sorpresa,
invece, da gruppi di indiani che gridavano « vergogna» per la
sopravvivenza
delle caste. Anche con loro Annan ha pensato di stabilire un dialogo:
ma le
voci lo hanno sopravanzato.
Tuttavia il Segretario dell’ Onu è riuscito nel corso della
manifestazione di
massa a riprendere la conta dei gruppi per i quali la lotta al
razzismo è
motivo di vita: guardandosi intorno nello stadio vedeva gli zingari,
le
vittime della discriminazione sul lavoro nel Sud dell’ Asia e in
Giappone e
in Africa, i neri americani memori dello schiavismo, le donne
islamiche e le
africane vittime della discriminazione sessuale, gli invalidi...
« Magari -
ha detto - non ce la faremo a raggiungere delle autentiche soluzioni
con una
conferenza, ma la vostra rabbia, la frustrazione, possono diventare
un
valore se le canalizzate in un movimento mondiale anti-razzista, in
cui le
diverse battaglie convergano» .
L’ invocazione di Kofi Annan alla società civile è qui però sovrastata
dal
rumore dell’ accusa ideologica a Israele che proietta un’ ombra molto
consistente. Perché è davvero difficile capire come tutte le
battaglie di
genere e di razza potranno non essere messe in sordina e sovrastate
dall’ arrivo di Yasser Arafat, in viaggio verso Durban insieme con il
padre
di Mohammed Durrah, uno dei primi bambini palestinesi uccisi
nell’ Intifada,
diventato famoso per le immagini della sua fine ripresa in diretta
dalla tv
mentre il padre cerca di proteggerlo. Gli ebrei del Sudafrica hanno
messo
sui giornali locali grandi inserzioni che ricordano che « il sionismo
non è
razzismo» : sembra lapalissiano, ma l’ identificazione dei due termini,
ripetuta all’ infinita dal mondo arabo, è qui talmente insistita che
rimarrà
nell’ aria, anche se Mary Robinson promette che nelle risoluzioni i
termini
verranno moderati.
La plenipotenziaria dell’ Onu, una specie di elegante Mary Poppins in
tailleur chiaro, altissima, molto sicura di sé , ha annunciato la sua
moderata soddisfazione per l’ invio da parte americana di una
« delegazione di
medio livello» . Avrebbe dovuto venire addirittura Colin Powell a
capeggiarla. Ma il Segretario di Stato americano, in questi giorni,
ricordando anche la durezza della richiesta di risarcimenti ai neri
d’ America (come se gli Usa fossero stati l’ unico Paese schiavista
nella
storia), ha detto: « Non ho ancora capito se dovrei pagarle o
riceverle» . La
questione delle richieste di indennizzi è tuttavia già caduta,
nell’ interminabile sforzo di mediazione di Mary Robinson sostenuta da
Kofi
Annan.
Anche gli israeliani sono per strada verso Durban con un gruppetto
non
troppo rappresentativo: per prendersi le uova marce basterà un
viceministro.
L’ ultimo arrivo in città è quello del reverendo americano Jessie
Jackson
che, per quanto aperto sostenitore della lotta dei palestinesi,
tuttavia ha
subito detto che insistere soprattutto su questo argomento alla
conferenza
significa decretarne la settorializzazione e quindi l’ insuccesso.