ARABI E MODERNITÀ Antisemitismo il vizio non muore
mercoledì 23 marzo 2005 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
CADONO le muraglie, i dittatori vengono deposti o muoiono, le folle
invadono le piazze alla ricerca della libertà , ma c'è un vecchio vizio che
non muore e che erode dall'interno ogni processo democratico.
Tre episodi. Il Libano, cui tutti guardiamo sperando di vederlo presto
libero come merita, si è ritirato dalla gara canora dell'eurovisione che
avrà luogo il 19 e il 20 maggio a Kiev, in Ucraina, a causa della
partecipazione di Israele. Il capo di Telelibano Ibrahim Khouri ha
confermato la decisione di ritirarsi e si è giustificato dicendo che il
Libano era ignaro della partecipazione di Israele quando ha accettato di
partecipare. Altrimenti non l'avrebbe mai fatto, dal momento che la legge
libanese proibisce di trasmettere la canzone israeliana; invece il
regolamento dell'Eurovisione prevede (legge ovviamente mai contestata dagli
israeliani) di trasmettere tutte le canzoni in gara.
Secondo episodio: la Lega Araba che apre i suoi lavori oggi ad Algeri ha
duramente respinto la proposta di re Abdullah di Giordania di aprire a
Israele normalizzando i rapporti diplomatici: era un'idea rivoluzionaria e
certo molto rassicurante per un Israele alla ricerca della pace ancorché
traumatizzata dal terrorismo. Sharon ad esempio ha ricevuto una vera spinta
in avanti dal ritorno in Israele degli ambasciatori giordano Maarouf Bahit
ed egiziano Muhamed Assem Ibrahim avvenuto in questi giorni. Il re di
Giordania ha ricevuto rimproveri e pressioni di ogni tipo, specie dalla
Siria e dal duro, obsoleto segretario Amr Mussa per aver finalmente indicato
il quartetto Iran, Siria, Iraq terrorista e Hezbollah come il vero pericolo
per il mondo islamico. Ma Israele è più comodo e nutriente, e così Abdullah,
il più rivoluzionario fra i rais arabi, non è andato ad Algeri, coperto di
scandalo per aver suggerito di riconoscere che Israele esiste.
Infine, ma ancora peggio: Mithal Alusi uno degli eroici leader
dell'opposizione interna a Saddam Hussein per trent'anni, visitò Israele il
12 dicembre 2004. Un segnale di amicizia dopo tanti missili di Saddam su Tel
Aviv e i 25 mila dollari del rais per terrorista suicida. Il governo di Ayad
Allawi, evidentemente rivoluzionario ma non nel campo delle relazioni con
Israele, lo dichiarò , per questo, ricercato dalla polizia; poi ritirò il
mandato di cattura lasciando però che Alusi divenisse vittima di una caccia
alle streghe: crebbero le minacce all'uomo che aveva osato visitare Israele.
Poi l'8 del mese scorso in un agguato le pallottole dei « resistenti» hanno
ucciso i suoi due figli, Ayman di 30 anni che lascia tre bambini, e Jamal di
22.
La verità è che anche il terremoto della democratizzazione conserva nel
profondo dell'humus antisemita la tentazione razzista contro Israele che è
la benzina ideologica delle dittature dell'area. Prima le democrazie in
evoluzione se ne renderanno conto, meglio strapperanno una delle radici
essenziali delle forze della reazione autoritaria e terrorista.