Annapolis: Bush e Olmert ottimisti

Washington - «Inshallah, Inshallah» annuisce correndo il grande negoziatore palestinese Sa’eb Erakat quando lo placchiamo domenica notte: scende dall’ascensore dell’Hotel Mandarin, dove con l’ex premier palestinese Abu Ala ha incontrato in segreto il premier israeliano Ehud Olmert. «Inshallah, forse riusciremo a partorire un documento comune, a parlare di Gerusalemme, di confini, di profughi, di tempi», sussurra, poi sorride: «Ce la facciamo? Chissà... comunque lavoriamo per questo, sono ottimista...». «Macché, niente», sbotta dopo Ehud Yahari, noto commentatore israeliano di questioni arabe: «Di qua esce soltanto una confusione che farà scoppiare un’Intifada peggiore di quella precedente».
L’hotel Ritz è la dimora delle convulsioni palestinesi della vigilia: si consumano a voce bassa, senza intrusi e curiosi. Invece, in un confuso andito semicircolare, dove le belve scatenate della stampa israeliana sprofondate in poltrona assieme agli uomini dei servizi israeliani sgranocchiano noccioline, tutti urlano e saltano per acchiappare qualche delegato. Così il Mandarin, sede della delegazione israeliana. Questi i due poli della frenesia politica che ospita la Conferenza dell’aristocratica cittadina di Annapolis dove fu firmata la fine della rivoluzione americana, capitale del Maryland: solo ieri sembra essersi accorta di essere invasa da una quarantina di delegazioni, fra cui quelle di 16 Paesi arabi, tutte a rischio terrorismo, e da migliaia di giornalisti. Sono previsti i discorsi di Condoleezza Rice, di George W. Bush, di Olmert, di Abu Mazen, del Quartetto, dei Paesi arabi: tutto dovrà suggellare l’evento eccezionale che, per decisa volontà degli Usa, ospita Paesi che non riconoscono Israele ma sono qui a parlare di pace con esso. Ieri un gruppetto di giornalisti israeliani è persino riuscito a farsi invitare a prendere il caffè nell’ambasciata saudita. Saud al Faisal ha fatto arrabbiare il presidente iraniano Ahmadinejad al punto da ricevere una sua durissima telefonata: «Vergogna. Cancellate piuttosto quell’incontro inutile e dannoso», gli ha detto.
Il successo della Conferenza, che fino a quando l’Arabia Saudita e poi la Siria non hanno garantito la loro presenza pareva totalmente priva di significato, è tuttora da giudicare sul lungo raggio, ma sembra essere davvero vitale per l’amministrazione americana, che ha esercitato forti pressioni in moltissimi incontri, visto che è in gioco il prestigio dello stesso presidente. Ora che la questione irachena va meglio, Bush intende legare il suo lascito storico al Medio Oriente, alla sconfitta del Jihad, inclusa quella dell’Iran, e all’ennesimo tentativo di pace fra israeliani e palestinesi. Ieri, quando Bush ha incontrato prima Olmert e poi Abu Mazen, la parola d’ordine è stata «ottimismo». Di ottimismo Bush ha parlato sia con Olmert nella Sala Ovale, dove il premier israeliano era accompagnato dal ministro della Difesa Ehud Barak e da Tzipi Livni, sia con Abu Mazen, ricevuto da Bush dopo Olmert.
Bush ha subissato i suoi amici di sorrisi, incontri e cene perché da questa conferenza esca qualcosa di concreto, ovvero il famoso documento comune. Per convincerli a lavorare insieme, ha portato a cena i due contendenti domenica, e poi li ha rincontrati di nuovo ieri. Anche Bush ha fatto i suoi commenti alla cena offerta da Condi agli ospiti. I due si spalleggiano in un’autentica opera di pressing. Olmert, uscito dall’incontro, ha detto che prevede un anno di colloqui in cui si potrà parlare di tutto e si arriverrà a una conclusione definitiva, proprio come chiedono i palestinesi. Ha aggiunto che se Hamas accetta le condizioni del Quartetto ritornerà a essere parte del consenso che la unisce all’Autonomia, e quindi del prossimo Stato palestinese, che gli fa molto piacere che la Siria intervenga ad Annapolis, e che potrà parlare di quello che vuole, per esempio del Golan.
La Siria, che certo ha concordato con l’Iran una sua presenza di rango basso (inviando solo il viceministro degli Esteri e facendo così alterare i sauditi), è forse l’unica che non si gioca niente e vince tutto. A sera, mentre usciva dal Ritz con Abu Mazen verso Bush, il vice capo della delegazione palestinese Nabil Abuznaid ci ha detto una grande verità sulla conferenza: palestinesi e israeliani, se vogliono portare a casa qualcosa, devono pagare con un compromesso. È vero, il documento comune ancora non c’è, ma ci sono molte ore per farcela. Se non ci si riuscirà, non sarà finita: loro hanno di che lavorare, devono smontare gli insediamenti, pensare a Gerusalemme... noi abbiamo soprattutto la questione dei profughi, dobbiamo trovare un compromesso sul numero, è chiaro. Ma occorre pazienza per arrivare a una soluzione».
Anche perché, a Gaza, Hamas ha organizzato una conferenza stampa con alcuni gruppi palestinesi per firmare un documento in cui si respinge ogni concessione che Israele dovesse fare per ottenere un accordo di pace.
Al signor Augusto: non c'è bisogno di entrare nel merito delle sue dichiarazioni del tutto infondate, perché lei si smentisce da solo: Ferrara, Annunziata e Giordano non sono ebrei. La sua teoria, già insensata, non regge.
Augusto , Fidenza
Non capisco come si possa trovare questo articolo equilibrato e equidistante. E' chiaramente fazioso. Cosa che del resto non stupisce perchè l'ha scritto una giornalista che naturalmente non può che parteggiare per Israele, essendo ebrea. Ne' deve stupire che venga mandata una giornalista ebrea come corrispondente da Annapolis, visto che tutta l'informazione italiana (Mentana Mimun Giordano Annunziata Ferrara Lerner ecc.) è in mano alla lobby israelita. E lo dico senza razzismo, si badi. Non ne faccio una questione etnica ma strettamente politica. Spero che il mio messaggio non verrà censurato con un pretesto razzista che non c'è. Sono di sinistra e non lo nascondo. Mi chiedo quando verrà il giorno che l'informazione sul conflitto israelo-palestinese verrà affidata non dico a un palestinese, ma almeno a una persona neutrale.
Ariel Viterbo , Alon Shvut Israele
Segnatevi le parole di Ehud Yaari: sono l'unica cosa sensata detta ad Annapolis, purtroppo concordo con Yaari.
Sandro Cecconi , Roma
Ho letto con estremo interesse questo suo articolo come anche tutti gli altri, la ritengo uno dei migliori ed equilibrati giornalisti italiani esperti di Medio Oriente e non solo. Finalmente leggendo il susseguirsi e le varie espressioni emozionate di alcuni personaggi presenti ha contagiato anche me di un moderato ottimismo dopo 60anni di illusioni e di speranze perdute all'ultimo momento. Il mio dubbio e la mia paura soprattutto è e sarà il comportamento dell'Europa, Italia compresa, di cui non ho assolutamente fiducia poichè dovrebbe meditare su tutti i luoghi comuni, gli schematismi, i pressapochismi di cui si sono nutriti in tutti questi anni secondo una logica e una concezione deviata e deviante della storia a partire dal 1948 per cecità politica che potrebbe far fallire il tutto per seguire Amas per i motivi ben noti.Ad ogni modo mi auguro e auguro al mondo intero che dagli intenti e dalle parole si passi finalmente ai fatti e facciamo tutti i dovuti scongiuri perchè anche l'Europa rinsavisca e si depuri da una ideologia preconcetta che ha animato tutte le decisioni in questi anni.La leggo sempre con piacere e Le voglio manifestare tutta la mia stima.S.Cecconi
Alessandro , regensburg, germania
Io è da anni che mi chiedo come si possa sostenere che affidare ai palestinesi gli uffici immigrazione israeliani rientri nell' ottica "due popoli due stati"Qui suonerò ripetitivo, ma uno che sostiene il diritto al ritorno, non può dire che sostiene l'esistenza di uno stato ebraico entro confini... che siano pure i confini comunali di Nazareth, Sono sconvolto dalla stupidità di chi auspica uno stato sovrano in cui un' entità straniera ha il diritto di mandarci ad abitare chi vuole.
luca , bologna
Pur di rimanere in carica Olmert è capace di dare gerusalemme ai palestinesi e far tornare i profughi... ma quelli di hamas sono troppo fessi per capirlo e quindi vedo nuove intifade e Nethaniahu (di conseguenza) a capo del governo... ennesima repressione delle violenze palestinesi e ... risiamo daccapo con Hillary Clinton che inviterà le parti in qualche paesino vicino New York a stringersi le mani per aprire dei negoziati coerenti con la visione di "due stati per due popoli"... ecc... poi un giorno ci sarà una grande esplosione e sui nostri schermi apparirà una grande scritta "that's all folks!".
Mefisto , Padova
Cito : loro hanno di che lavorare, devono smontare gli insediamenti, pensare a Gerusalemme... noi abbiamo soprattutto la questione dei profughi, dobbiamo trovare un compromesso sul numero, è chiaro.Traduco : Loro (gli Israliani) dovranno cedere su praticamente tutto... noi (i palestinesi) magnanimemente ci accontenteremo di ridurre il numero di quelli che rientreranno, diciamo... al 99%...