Annapolis: annunciata la pace entro il 2008

La conferenza sul Medio Oriente ad Annapolis inaugurata con la firma di un primo accordo. Il presidente Usa entusiasta: «Questa è un’opportunità storica»
Annapolis - In un vento sferzante, la baia increspata, i dignitari di 49 stati fra gli stucchi della sala del Memorial Hall dell’Accademia navale e i giornalisti nello stadio di fronte a un grande schermo, cosa abbiamo visto in definitiva? Un’opportunità storica, come l’ha definita Bush, che con una serie di passi successivi porterà alla pace fra Israele e palestinesi? Una strizzata d’occhio fra Usa, Quartetto e soprattutto Paesi arabi moderati che allude non tanto al Medio Oriente, quanto a un’asse che blocchi l’atomica di Ahmadinejad? Oppure si è aperto un vaso di Pandora in cui le forze estremiste scateneranno attentati per bloccare ogni speranza? È stato un successo o un fallimento la conferenza di Annapolis, voluta da Condi Rice e da George Bush, riuscita nell’affluenza solo grazie a funambolici giochi d’interessi incrociati?
Possiamo capirlo in due modi: guardando agli eventi di ieri e a quelli di domani. Ieri: George Bush, da parte sua, ce l’ha fatta. Ha fatto firmare il documento comune a Olmert e ad Abu Mazen sette minuti prima di salire sul palco; ha radunato una schiera di leader mondiali, tra cui 16 dai Paesi arabi, una brutta sorpresa per l’Iran e i suoi amici, tanto da suscitare persino le telefonate degli Hezbollah ai siriani. Ha portato il re saudita ad applaudire Olmert, anche se non gli ha dato la mano, e la tv saudita ha trasmesso il discorso in ebraico. La Siria invece ha trasmesso una partita di calcio, ma Bush ha costretto anche Bashar Assad a mandare almeno un viceministro.
Sul fronte israelo-palestinese, Bush è riuscito a portare a casa il documento che unisce i contendenti di sempre in un patto di cui si dovrà dar conto giorno dopo giorno solo a lui, grande mallevadore e responsabile. Li impegna a porre fine allo spargimento di sangue, promette due Stati per due popoli, impegna a propagare una cultura di pace e di non violenza, a lanciare subito negoziati bilaterali definitivi e totali. L’accordo dovrà essere concluso, dice il documento firmato dai tre, entro la fine del 2008. Ci sono anche i particolari dei lavori: Olmert e Abbas, aiutati da una squadra, dovranno incontrarsi ogni quindici giorni, e da subito: il 12 dicembre 2007. Concludere prima della fine del mandato di Bush è la parola d’ordine, del tutto nuovo sarà il modo in cui Bush intende controllare il lavoro, e probabilmente questo sarà oggetto di maggiori contese: la Road map, il documento del 30 aprile 2003, sarà la pietra angolare della retta via, e solo Bush avrà il diritto di decidere se il documento che stabilisce come si arriva a una soluzione bilaterale viene onorato: e poiché la Road map prevede che le concessioni territoriali e di sicurezza avvengano dopo che i palestinesi avranno combattuto fattivamente il terrorismo, lo strumento di controllo e quindi anche dell’eventuale rovesciamento delle priorità sarà in mano agli Usa, affidato alla loro discrezione.
Nel suo discorso, poi, Bush ha ripetuto che i due popoli dovranno vivere fianco a fianco, uno Stato ebraico per il popolo ebraico, e uno Stato palestinese per il popolo palestinese. Come dire che il diritto al ritorno dei profughi non può diventare un’arma per negare il diritto all’esistenza di Israele, in pericolo demografico definitivo.
Abu Mazen e Olmert hanno tenuto discorsi carichi di preoccupazione per la situazione interna, ma anche della immensa soddisfazione per la folta presenza araba alla Conferenza. Gli israeliani non conoscono piacere maggiore di quello di sentirsi bene accolti nella famiglia mediorientale; e i palestinesi, cui i Paesi arabi ne hanno fatte parecchie, hanno sentito la loro causa di nuovo in auge, finalmente. Abu Mazen, anche se ha condannato esplicitamente il terrore e ha annunciato una nuova aurora per tutti, anche per Gaza, finalmente libera da Hamas, ha espresso un sincero sogno di pace, ma non ha fatto nessun passo verso le posizioni israeliane: diritto al ritorno, confini del 67, occupazione, Gerusalemme Est come capitale... Niente è cambiato, anche se i toni erano alti e chiara l’invocazione: «E ora non ci abbandonate».
Olmert, invece, ha scelto un tono da guerriero: ha ricordato gli attentati, i rifiuti palestinesi, i bambini morti sugli autobus. Poi ha riconosciuto la sofferenza palestinese e la dignità dell’aspirazione alla pace, e la sua ansia di normalizzazione e riconoscimento, rendendo così omaggio al piano saudita per la pace. Ma alla fine è saltato nel vuoto con la frase più drammatica della giornata: «Io non ho dubbio che la realtà creatasi nella nostra regione nel 1967 cambierà in modo significativo. Sarà un processo estremamente difficile per molti di noi, ma è inevitabile. Lo so. Molti nel mio popolo lo sanno. Siamo pronti». Vuol dire: via dai territori, sia quel che sia, almeno in gran parte.
E dunque, se guardiamo da questo punto agli eventi di domani, essi sono già cominciati: proteste e forse una crisi di governo attendono Olmert. Più ancora, la jihad islamica affila le armi, gli avvertimenti di attentati si moltiplicano. Il conflitto israelo-palestinese si placherà con la sconfitta dell’ideologia che lo nutre.
Che bel titolo!Ma allora perche' i Palestinesi continuano giornalmente a lanciare missili qassam contro Israele?
Crusader , Palermo/Italia
Mara ha ragione nell'esprimere tutto il suo deluso pessimismo quando mette il dito nella piaga, il mancato riconoscimento da parte araba di Israele in qualità di Stato degli ebrei in Palestina. Purtroppo, come attestano anche le imponenti manifestazioni popolari contro la Conferenza di Annapolis, il razzismo antisemita rappresenta una caratteristica basilare dell'Islam fondamentalista. Per la grande maggioranza degli arabi musulmani è preferibile lottare fino alla distruzione di Israele, invece di ricercare la pace con la fondazione di uno Stato degli arabi in Palestina e quindi risolvere il problema artefatto dei profughi palestinesi. Però sono stati proprio i rovesci subiti dal cosiddetto "fronte sunnita", ben descritti dall'ottimo Panella nel suo recente articolo, ad indurre gli USA a intraprendere un'iniziativa diplomatica per isolare coloro che tramano per una nuova guerra magari anche atomica. Ed è molto significativo che anche la Siria, attuale alleato di ferro dell'Iran e colpita (e convinta!) da un recente attacco aereo israeliano, alla fine abbia voluto partecipare, ben consapevole delle nubi nere che si stanno addensando sopra Teheran. Mentre la pace in Palestina purtroppo resterà una chimera per molti anni perchè occorrerà un ricambio generazionale arabo che moderi il massimalismo della cultura e della religione musulmana, si deve prima che sia troppo tardi bloccare la politica aggressiva e arrogante del regime terrorista iraniano, per scongiurare lo scoppio di un conflitto totale e la proliferazione incontrollata dell'atomica.
Silvio , San Mauro Torinese
Ad Annapolis si è assistito,ancora, alla "tattica" del bastone e della carota: mentre Abu Mazen tratta o ,almeno, dichiara la volontà di iniziare i negoziati, Hamas continua la guerra con Israele. Mi chiedo che possibilità di pace ci potrà essere, domani, se una parte dei palestinesi rifiuta di riconoscere Israele e continua a chiedere la sua sparizione dalle carte geografiche. Questa è una delle ragione della mia scetticità. La seconda riguarda la politica di Bush: ad un anno dalle elezioni la popolarità del Presidente è compromessa e, alla bisogna, tirare fuori dal cilindro la questione israelo-palestinese è sempre qualcosa che fa fine e non impegna. Fa fine perchè sottolinea ancora una volta agli occhi del mondo e soprattutto degli americani che la questione palestinese occupa un posto importante nell'agenda politica del Presidente e, "non impegna", perchè sfido chiunque a credere , così come stanno le cose, che si possa addivenire alla pace a meno che:1) Israele abbandoni tutti, ma proprio tutti, i territori e non solo le colonie2) Gerusalemme divenga la capitale palestinese nella quale non dimentichiamolo è insediata la piu' importante delle moschee con Mecca e Medina Altro punto dolente è l'inaffidabilità araba: mi spaice dirlo ma bastava guardare il piglio con cui Olmert e Mazen si sono stretti la mano: il primo sorridente e convinto il secondo quasi rassegnato.Israele è una terra meravigliosa "costruita" in buona parte dal nulla con il lavoro e la fatica degli Israeliani che, non dimentichiamolo, costituiscono l'unica espressione democratica in un mondo, quello mediorientale, in cui i governi hanno caratteristiche dittatoriali o, nella migliore delle ipotesi, tribali. La questione palestinese è ormai soltanto "politica" giacchè gran parte dei palestinesi non sà nemmeno come sono fatti i territori che rivendicano. Forse la spinta della pace potrà arrivare dai paesi "fratelli" che, anche loro, non hanno piu' volgia di "mantenere" i palestinesi.
Mara , Bologna
Penso che l'unica uscita seria l'abbia avuta Hamas: Le decisioni adottate non avranno valore per i palestinesi. Com'è sempre stato; d'altronde, manca la base. Senza un riconoscimento del carattere ebraico di Israele -principio che anche in Occidente si fatica a capire, come si poteva evincere dalle parole della chiccosa, quanto incompetente, intervistatrice dall'accento franco/tedesco, che ha parlato con Fiamma a Omnibus sabato scorso- non sarà mai possibile nessun accordo, nemmeno parziale. E' una presa in giro, non giustificata dal gravissimo pericolo iraniano. Anzi non aiuta affatto la soluzione del problema iraniano, al di là delle sfuriate di Ahmadinejad con questo e con quello.E' la visione da guerra fredda, "cremlinologica" del Dip. di Stato, (illustrata molto bene da Carlo Panella su il Foglio di ieri) che mostra tutti i suoi limiti. L'ha ribadito anche il Prof. B. Lewis, in un articolo apparso oggi sul medesimo quotidiano: senza un riconoscimento ESPLICITO di Israele come Stato ebraico, non è possibile nessuna pace. Non si tratta di un'etichetta, ma della pietra miliare. Dispiace poi che Olmert, come prima di lui Sharon, parli di "dolorose concessioni" (e meno male che parla di concessioni e non di diritti altrui), mentre la controparte non apre bocca e comunque non intende rinunciare a nulla. Non si capisce nemmeno se sia ottimista o pessimista, il "buon" Abbas. Che cosa penserà mai, costui, oltre a ritenere che Israele si autodistruggerà grazie alle liti interne (abituato com'è a vivere in un mondo totalitario, mica la capisce la democrazia; per lui è un UFO)Ha senso anche solo concepire che uno Stato rinunci alla propria capitale, specie poi dopo aver vinto una guerra di aggressione? O è la foga da Nobel per la Pace (bella roba, che si escludono Elie Wiesel e pochi altri) che ha preso tutti? Israele serve solo per i lavoretti difficili e un tantino sporchi, come quello in Siria di inizio settembre? Salvo poi essere abbandonato al suo destino?
Crusader , Palermo/Italia
Secondo il mio modesto parere la Conferenza di Annapolis rappresenta un clamoroso successo della diplomazia americana, che è riuscita nella non facile impresa di impegnare le due parti in causa in un negoziato ad oltranza e di riunire una sorta di assemblea internazionale pronta a sancire l'evento. Evitando di abbandonarsi a facili entusiasmi, essendo ben conosciute le obiettive difficoltà che incontreranno Olmert e Abu Mazen nel far accettare ai rispettivi popoli gli inevitabili e dolorosi compromessi di un definitivo accordo di pace, è giusto sottolineare che la conferenza ha inviato al regime terrorista iraniano un chiaro messaggio: giù le mani dal conflitto arabo-israeliano! Infatti l'intento di questa iniziativa era quello di impedire all'Iran di ergersi a supremo difensore dei palestinesi, soffiando sul fuoco del viscerale odio antisemita, minacciando di distruzione atomica Israele e mortificando qualunque velleità di compromesso delle nazioni arabe sunnite. All'Hitler di Teheran ora resta solo il bubbone canceroso di Gaza infetta da Hamas, ma gli eventuali e purtroppo scontati attentati terroristici stavolta non produrranno l'effetto di scatenare una nuova guerra in Medio Oriente, ma anzi riveleranno al mondo l'unico responsabile che, ovviamente, verrà duramente colpito per impedire che arrivi alla realizzazione della bomba atomica.
vincenzo , casalecchio di reno
Credo che occorra stare per il momento alla finestra e guardare cosa succede.Di tentativi di pace in questi anni ce ne sono stati diversi, ufficiali e non, ma questo forse potrebbe essere un tentativo più incisivo per ovvie ragioni. Conviene prima ancora che agli osservatori di tutto il mondo, ai palestinesi raggiungere accordi con Israele per togliere i terroristi che oggi stanno al governo. Sono un pericolo per tutta l'area e l'unico modo per destabilizzarli è quello di dare voce e forza ai palestinesi moderati.
avram canetti , Jerushalaim
Shalom!Annapolis da tutti ritenuta un'inutile esercizio diplomatico in realtà è stato un mezzo successo sia per la partecpazione di 49 nazioni(49 le porte!) sia per l'isolamento dell'Iran. Non è poco se pensiamo a camp David. Ma c'è sempre un ma. La jihad non starà a guardare e sicuramente sta già affilando il coltello per colpire il processo di pace con l'aiuto non solo dei paesi arabi consenzienti, ma anche con la collaborazione attraverso l'informazione dei paesi occidentali che stupidamente o per interesse o per odio verso la pace hanno sposato questa weltenshaung del terrorismo. Mi riferisco a personaggi come Abu Romano o Abu D'Alema tanto per fare nomi che vanno sotto braccio con questi signori. Dall'altra c'è Israele il popolo d'Israele con cui Olmert deve fare i conti per condurre in porto il processo di normalizzazione tra i due Stati di cui uno tutto da fare e non solo per confini. Israele almeno per me, credo sarebbe ben contento di entrare a pieno titolo a far parte della famiglia mediorientale che sarebbe poi la sua identità che il mondo stenta a riconoscere forse per paure di carattere religioso che provengono da diverse angolazioni. Pazienza, il tempo è galantuomo!Il mio augurio è che questo documento firmato ad Annapolis tra Mazen ed Olmert vada avanti a cominciare dal 12 dicembre anche se questa data è infausta per l'Italia(Piazza Fontana a Milano) e continui per tutto l'intero anno fino al raggiungimento con l'aiuto di D.o Benedetto di qualcosa di mammaschiud che possa dare un futuro ai nostri figli e nipoti nella terra dei loro padri.Grazie shalom e beazlacà
Piero P. , Reggio E.
Possano questi giorni segnare un vero cammino verso la pace e la convivenza.Shalom!