ANCHE L’ ATTACCO AMERICANO ALL’ IRAQ DIPENDE DAGLI SVILUPPI NELLA REG IONE L’ arbitro rimane sempre lui, il Raí ss Il suo verdetto può segnare la fine del premier di Gerusalemme
giovedì 21 marzo 2002 La Stampa 0 commenti
                
GERUSALEMME 
SU Israele piove di nuovo, fra le promesse di cessate-il-fuoco entro 
le 
prossime 24 ore, il sangue del tipo di attentato più bestiale, quello 
a un 
autobus di linea. Sette morti sono troppi per considerare che la 
tregua 
promessa abbia un buon viatico, eppure per ora l'ipotesi regge. Ma ci 
si 
chiede che fine possa fare la tessitura di Zinni, l'impegno di Sharon 
per un 
cessate-il-fuoco accompagnato dal ritiro dalle Zone A, il probabile 
incontro 
fra Cheney e Arafat. 
Perché il punto è sempre quello: Arafat e ancora Arafat. Dopo essere 
stato 
così « irrilevante» , lui in definitiva deciderà come volge questa 
ombrosa 
curva del conflitto, se ci sarà un vero cessate-il-fuoco, se si può 
intraprendere un discorso di pace, se gli americani possono 
proseguire nello 
loro trattative col mondo arabo per un'eventuale azione contro 
Saddam. 
Arafat è stato il protagonista dell'incontro fra il vicepresidente 
americano 
Richard Cheney e il primo ministro israeliano. Sharon ha cercato di 
introdurre un tocco ironico quando, durante la conferenza stampa con 
Cheney, 
ha menzionato il Raí ss come « il signor Arafat» e non « il presidente» , 
o 
semplicemente « Yasser Arafat» : ma il seguito del suo intervento 
annunciava 
che Israele, se il leader palestinese osserverà il cessate-il-fuoco e 
il 
Piano Tenet, è pronto a lasciarlo partire liberamente per Beirut, e 
anche 
poi a passare alla « fase Mitchell» , quella in cui si parla di 
insediamenti. 
Cheney, poi, che non ha nessuna simpatia per Arafat ma che ha 
esplorato il 
mondo arabo, è stato tuttavia ancora più diretto: se Arafat a 
giudizio 
insindacabile dell'inviato Anthony Zinni avrà dimostrato la sua 
autentica 
adesione all'accordo Tenet, egli stesso lo incontrerà , forse lunedì . 
E' una 
svolta rispetto al rifiuto americano di stringergli la mano. Bush 
aveva 
rifiutato di farlo durante la visita di Arafat negli Usa, e 
Condoleezza Rice 
era stata chiarissima: non si possono abbracciare i terroristi e gli 
americani. 
Adesso, è logico chiedersi: chi sta vincendo questo match? Arafat o 
Sharon? 
Gli israeliani sono certi che il messaggio più evidente è 
un'intimazione 
israelo-americana ad Arafat perché blocchi il terrorismo. Realizzare 
ciò che 
Tenet ha fissato fra le due parti non è facile per Arafat che in 
questo 
momento, dopo l'ondata di attentati senza precedenti firmata non 
Hamas o 
Jihad (solo ieri quest’ ultima organizzazione ha rivendicato un 
attentato, 
come per non implicare il Raí ss) ma Al Fatah e Tanzim, ha dalla sua 
un 
intero esercito di Tanzim che ritiene che l'arma della violenza porti 
vantaggi e forza al popolo palestinese. Arafat dovrebbe rinunciare a 
quella 
che ormai gran parte della sua gente considera un'arma strategica e 
legittima. 
Già la sua tv, dalla sera del « proclama Cheney» , lancia nuovi 
messaggi di 
cui il più interessante recita così : se realizzeremo il 
cessate-il-fuoco 
porteremo Sharon a doversi rivelare per quel che è ; e allora dovrà 
andarsene, così avremo raggiunto un importante scopo politico. Yasser 
Abdel 
Rabbo, ministro dell'Informazione, ripete che Arafat condanna, e che 
se non 
riesce a fermare gli attentati è perché gli israeliani gli hanno 
distrutte 
le infrastrutture. Ma il Piano Tenet ha stadi obbligatori molto 
definiti: la 
consegna delle armi, l'arresto dei colpevoli di attentati, lo 
smantellamento 
delle organizzazioni terroristiche, la distruzione dell'apparato 
ideologico 
potentissimo che ha creato tanta determinazione e tanto odio. Non è 
facile 
quindi per Arafat mettere in riga in fretta Al Fatah e i Tanzim. 
Tuttavia Arafat ha adesso in mano un'arma molto importante ma anche 
confusiva: un forte senso di vittoria. La venuta a Canossa di Cheney, 
il 
grande diffondersi di manifestazioni filopalestinesi in tutto il 
mondo 
arabo, l'incessante appoggio dell’ Unione europea in polemica con gli 
Usa, e 
soprattutto la ritirata dell'esercito, danno ad Arafat e al suo mondo 
un 
senso di euforia che si percepisce alla tv, nei giornali, fra la 
gente. Il 
Raí ss pensa di avere in mano un grande potere: se i palestinesi non 
otterranno il loro scopo, può scatenare l'incendio dell’ area. Anche 
l'opposizione alla guerra, la spaccatura del governo israeliano fanno 
pensare ad Arafat che Sharon sia di fronte al suo Libano: una rivolta 
di 
mamme sostenuta dal mondo intero che obbliga Israele a ritirarsi 
unilateralmente. 
            