ANALISTA POLITICO DELL’ UNIVERSITA’ DI HERZLYA E BIOGRAFO DEL RAISS PA LESTINESE « Arafat è arbitro del terrore» Rubin: tutte le forze armate sono nell e sue mani, sta a lui agire
mercoledì 24 settembre 2003 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
IL mondo è diviso fra chi dichiara Arafat rilevante per il rinnovo di un
processo di pace e chi ritiene invece che sia irrilevante, ma è d'accordo
nel considerare scandalosa l'ipotesi israeliana di esiliarlo. Bush ha
ripetuto che il Raí ss « ha tradito il suo popolo» . L'uomo che tiene legato a
sé il destino palestinese, col suo ritorno sulla scena riapre per l'ennesima
volta il dilemma mondiale: dal momento che è forte, bisogna averci a che
fare? Oppure il suo potere è soltanto volto a prolungare lo scontro?
L'ultimo libro del professor Barry Rubin, uno dei più importanti analisti
politici del Medio Oriente, direttore del Gloria (Global Research Center in
International Affairs) dell'Università di Herzlya, è intitolato "Yasser
Arafat: a Political Biography"; è pubblicato dalla Oxford Press e Rubin
stesso lo presenterà a Roma all'Università Luiss oggi alle 17,30.
Professore, pensa che Arafat con le nuove proposte di tregua voglia aprire
una nuova fase di colloqui con Israele?
« Solo due giorni or sono a Jenin è stato trovato e fatto saltare un
grossissimo ordigno pronto per il prossimo attentato, ogni giorno la polizia
israeliana e lo Shabbach (i servizi segreti) ricevono 40 avvertimenti. Al di
là della propaganda, l'attività terrorista è ancora in pieno movimento: non
perviene da Arafat nessun segnale concreto di pace» .
Molti sostengono che non vuole rompere la possibilità di avere un seguito
fra tutti i palestinesi. Che cosa potrebbe fare, comunque, per fermare il
terrorismo?
« Moltissimo: basterebbe che ordinasse a Fatah, e quindi alle sue Brigate di
Al Aqsa, di non partecipare ad azioni terroristiche, potrebbe annunciare che
espellerà da Fatah chiunque risulti parte di un piano terroristico, potrebbe
chiudere le fabbriche di bombe.. niente di tutto questo avviene. E il potere
è ancora tutto nelle sue mani» .
Si dubita che Hamas e Jihad gli consentano tanto potere.
« Praticamente tutte le forze armate sono nelle sue mani, tutti i gangli del
potere e del denaro sono suoi, i media sono suoi, il primo ministro è suo, e
trovo particolarmente interessante la sua virtuosa proclamazione di un
consiglio di sicurezza nazionale per unificare tutte le milizie armate. Una
richiesta che da parte di Abu Mazen, poveretto, era intesa in senso opposto,
per sottragli il potere» .
Professore, sembra che Israele abbia sbagliato di molto dichiarando urbi et
orbi la sua intenzione di esiliare Arafat: gli ha restituito la fama.
« Il comunicato del governo diceva "Israele si riserva il diritto di agire",
non che avrebbe agito; voleva spiegare quanta frustrazione e quanto lutto
aveva provocato l'estremismo di Arafat. Inoltre è sempre stato chiaro che
nel governo c'erano divergenze, per esempio Sharon non pensa che sia
un'operazione utile esiliarlo. Ricordiamoci anche che Israele riportò Arafat
da Tunisi, quando promise di fermare il terrorismo. Arafat ha violato
l'accordo, e ha rilanciato una strategia che prevede la sparizione di
Israele e l'uso del terrorismo su larga scala» .
Con tutto ciò , se Arafat diventasse un esule, per Israele sarebbe meglio?
« Non dal punto di vista della propaganda, forse, ma concretamente, si
aprirebbe forse un'utile scontro fra leader per la successione, col
confronto di punti di vista diversi. Anche l'economia ne gioverebbe, la
corruzione verrebbe almeno discussa. E verrebbe introdotto il principio
della responsabilità , raro in Medio Oriente» .
Pensa che Israele, che con la sua uscita ha ricevuto il voto contrario
dell'Onu, stia conducendo una politica sensata?
« In linea di massima sì , anche se sarebbe utile ribadirla limitando
l'attività delle colonie e costruendo la divisione di difesa più
rapidamente, e anche ripetendo la volontà di consentire lo Stato
palestinese. In generale Israele cerca di minimizzare il pericolo, di
catturare o punire i terroristi, di migliorare la difesa civile, di
incoraggiare una leadership alternativa» .
Ma quale strategia persegue Sharon?
« Ci sono quattro alternative, e nessuna è facile: aumentare il prezzo del
terrore con maggiore severità ; ritirarsi unilateralmente, col rischio di
suggerire un'idea di debolezza che attira aggressività e terrorismo; sperare
che Arafat si ravveda e tratti per una soluzione definitiva, due Stati per
due popoli, una possibilità quasi inesistente; oppure delegare a una forza
di interposizione straniera il compito di fermare la guerra, col rischio che
molto rapidamente questo risulti in una vittoria di Arafat, che potrebbe
ricevere i Territori senza impegnarsi a rispettare Israele. Israele sta
agendo con molta cautela, perché tutte le soluzioni possono essere giuste o
sbagliate» .