ANALISI UN LEGAME INCRINATO Israele, non più figlio unico Choc per l' apertura Usa ai palestinesi
mercoledì 16 dicembre 1998 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
SETTEMILA anni ci sono voluti perché un grande imperatore visitasse
Gaza. Ed eccoci qua. Così scuoteva ieri la testa, seduto su un
divano della Camera fra lo sconsolato e l'ironico, Shimon Peres.
Air Force One stava per chiudere i portelloni azzurri sul
Presidente degli Stati Uniti. Era già una notte tiepida a Tel
Aviv, solo un po' ventosa sulla pista. E persino quando Bill
Clinton, Hillary, Chelsea, erano già dentro, seduti sui divani
illuminati dalle abat- jour, le macchine da presa della televisione
israeliana, dopo 72 ore di ossessiva diretta, frugavano dietro gli
oblò alla ricerca di un segno che dicesse a Israele: "Non temere,
sei ancora il mio figlio prediletto". Ma il segno, per la prima
volta nella storia del rapporto fra il Paese degli Ebrei e la madre
di elezione, l'America, non è venuto. Adesso, dopo che il grande
Boeing è volato via, si può dire che Israele ha un fratellino,
non è più figlio unico, e non è per niente contento.
Clinton riparte dal Medio Oriente senza grandi risultati di
politica nell'immediato: anche se ha fatto sì che la Carta
Palestinese venisse abolita coram populo e con la partecipazione di
quasi tutti coloro che per decenni l'hanno onorata e promossa anche
nelle parti che progettavano la distruzione di Israele e la lotta
armata, tuttavia per rimettere in moto il processo di pace ci sono
ancora alcuni ostacoli. Quello che qui è accaduto, è tuttavia
molto di più , un cambio epocale dell'immaginario collettivo del
nostro secolo. Perché il Presidente americano ha promosso
l'occasione per la più grande kermesse televisiva della
legittimità palestinese in tutto il mondo, ma soprattutto
nell'intimità di ogni casa israeliana: "Che strano. Bill è il
Presidente americano più amichevole che Israele abbia ma avuto -
dice la gente -. Quello a cui il suo precettore cristiano disse: Tu
un giorno sarai Presidente, e farai molti errori. Dio ti
perdonerà . Ma non ti perdonerà se dimenticherai lo Stato di
Israele. Ce lo racconta sempre, e ce lo ha ricordato anche questa
volta. Forse però quel precettore gli aveva anche detto: Ricordati
di fondare anche lo Stato Palestinese".
Conferendo alla sua visita a Gaza in tutti i particolari il grado
di un'autentica visita ad uno stato amico, Clinton ha difatti
firmato, come fece l'Inghilterra con Israele, una sorta di
dichiarazione Balfour. Essa dichiarava il 2 novembre 1917 che il
governo di Sua Maestà britannica avrebbe visto con favore la
fondazione in Palestina di un focolare nazionale per gli ebrei. Ma
all'idea che lo Stato palestinese sia ormai iscritto nel libro
della storia, gli israeliani sono perfettamente abituati. Quello
che ha dato invece l'autentico senso della perdita della
primogenitura è tutt'altro: prima di tutto l'identico calore con
cui Hillary ha abbracciato Sarah e Suha, o Madeleine Albright dava
pacche sulle spalle sia a Abu Mazen e ad Arik Sharon, o
l'intensità dello sguardo di Clinton verso Netanyahu o verso
Arafat. Insomma, l'equiparazione dei sentimenti. E poi, e
soprattutto, il trasferirsi di questa equiparazione anche sul
fronte morale. Clinton non sa quello che ha provato la gente
sentendo paragonare le lacrime delle figlie dei carcerati
palestinesi per motivi politici (in gran parte terroristi secondo
la legge israeliana, eroi di guerra per i palestinesi) a quelle dei
bambini rimasti orfani a causa degli attentati terroristici. In
Israele il terrorismo è un argomento dirimente, una ossessione,
un'ombra nascosta dentro ogni giorno in cui si leva il sole. Il
premier israeliano non si dà pace di sentirsi dire dalla bocca del
maggior alleato, da colui che ha sempre dato la sensazione di
essere empatico con l'angoscia di questa scheggia di mondo
occidentale infilata in Medio Oriente, che le sue ansie le sue
sofferenze, le sue ambizioni sono una per una eguali a quelle dei
palestinesi.
Israele ha sentito di non aver più agli occhi dell'America quel
primato morale che non era mai stato in discussione dai tempi della
guerra fredda. Sente anzi che la memoria dell'Olocausto non le
conferisce più dei diritti speciali. E quando Bill si è rivolto
ai palestinesi che avevano appena votato l'abolizione della Carta e
li ha invitati a scordare i governi, ovvero Netanhyau, e a
dialogare solo fra popoli, qui gli israeliani hanno sentito che il
loro tanto vantato ordinamento democratico, lo Stato di diritto,
che costituisce la loro differenza nell'area, vale agli occhi degli
Usa quanto un altro regime.
"È stato uno choc, un vero mutamento conoscitivo", dice il
professor Oded Ben Ami, uno storico eletto alla Camera nelle liste
di sinistra, "la lettura della storia israeliana, la sua narrativa
come storia di moralità , di eroismo nel mondo libero, è stata
messa da parte. L'equiparazione delle lacrime ha suggellato
l'abbandono di Israele come valore. Siamo più soli. Non è detto,
tuttavia, che questo non ci renda più realisti e più normali".
Fiamma Nirenstein