ANALISI Su Israele la notte delle due streghe
giovedì 17 dicembre 1998 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
DOPPIA notte su Israele: mentre l'esercito verifica i Patriot da
poco inviati dagli americani, e nelle case ancora si controlla lo
stato delle maschere antigas, Netanyahu si affaccia sui teleschermi
e lascia la gente in stato di choc. Elezioni anticipate. Ormai da
giorni i giornali ne parlavano come di una possibilità imminente,
soprattutto perché lunedì la Camera deve votare la fiducia. Ma
l'immagine corrente era ancora quella di un Netanyahu che corre
come un pazzo - come ha detto Ariel Sharon, il ministro degli
Esteri - dietro a qualsiasi deputato per cercare di catturare uno
spicciolo di appoggio, per evitare che l'opposizione, che conta 52
voti, potesse raggiungere i 61 necessari a farlo fuori. Clinton era
per Bibi l'ultima carta. Se la visita si fosse trasformata in un
suo grande successo, e non invece nel trionfo di Arafat, forse il
primo ministro israeliano avrebbe resistito. Ma a Netanyahu, per
recuperare la sua immagine di fronte alla destra, dopo che di
fatto Clinton aveva donato ai palestinesi la legittimazione per il
loro Stato prossimo venturo, non è restato invece che fare la più
masochista fra le mosse: tirarsi indietro proprio per cercare di
mantenere in piedi la sua coalizione, rispetto a quella che avrebbe
dovuto essere la maggiore realizzazione del suo governo, ovvero
l'accordo di Wye Plantation. Invece Netanyahu è riuscito a portare
all'esasperazione sia la sinistra, ritardando l'accordo, sia il suo
stesso governo, promettendo di attuarlo. Per non parlare dei
palestinesi, che avevano calmato un poco la loro base infuriata in
onore di Clinton, e che in onore di Clinton avevano votato
l'abolizione della Carta Palestinese.
Adesso, mentre scoppia un ennesimo conflitto fra gli Usa e Saddam
Hussein, quella parte dei palestinesi che non ha creduto nella pace
con Israele, e che ultimamente non crede più neppure in Arafat e
tanto meno nel suo nuovo rapporto con gli Stati Uniti, salterà di
nuovo sui tetti come ai tempi della Guerra del Golfo. La campagna
elettorale di Netanyahu, che rifiuta di compiere il prossimo
sgombero (che non sarebbe peraltro neppure molto impegnativo)
potrebbe svolgersi dunque mentre sta scoppiando una nuova durissima
Intifada, stavolta anche intesa a far cadere Arafat. È pur vero
che Netanyahu è trascinato a indire le elezioni basilarmente per
aver firmato l'accordo di Wye; un gesto che lo ha portato verso il
centro, facendogli perdere il supporto della parte più
conservatrice della sua coalizione. Ma Bibi, invece di capire che
per la sua destra, piena di pregiudizi nazionalisti, non sarebbe
bastato fare il duro sul tema della reciprocità degli impegni dei
palestinesi, ha spinto l'acceleratore portando la sinistra, che
invece avrebbe potuto sostenerlo, all'esasperazione. In questi
giorni la sua rigidità di fronte a un Clinton che era venuto in
nome della pace nel suo momento più difficile, il suo rifiuto di
valorizzare fino in fondo l'abolizione della Carta, hanno chiuso la
partita.
Adesso Bibi e il ministro Sharon dicono che in un momento tanto
decisivo per Israele non si poteva più andare avanti con litigate
continue. Ma il loro appello a un governo di coalizione è
inconsistente; fin dalle prime parole di quella che si vede sarà
un'agguerrita campagna elettorale, il premier israeliano intende
chiamare intorno a sé ancora una volta quelli che gli hanno già
dato il voto, coloro che sono scettici nei confronti del processo
di pace. D'altra parte, questi ultimi sanno che Netanyahu ha fatto
votare il trattato di Oslo alla Camera, che ha sgomberato Hebron,
che ha iniziato anche il ritiro dopo aver firmato il trattato di
Wye Plantation, che ha fatto aprire l'aeroporto internazionale ai
palestinesi... Quindi, non si fidano più di lui. Bibi dunque vuole
tentare di nuovo il suo difficilissimo gioco della "pace nella
sicurezza" che può essere un gioco di duri o un gioco di moderati.
Potrebbe farcela di nuovo, soltanto perché la sinistra non ha da
mettere in campo grandi leader come Rabin o Peres. E perché la
destra, da parte sua, teme che se non va dietro a Netanyahu, una
sinistra esasperata la spedirà a casa per sempre, senza
remissione. Altri due giocatori diranno la loro pur senza sedere al
tavolo: gli Usa, e specialmente i palestinesi. Un attentato grosso,
e vincerebbe di nuovo la destra.
Fiamma Nirenstein