ANALISI QUALE CULTURA HA PARTORITO IL KILLER Goldstein, un cow-boy o un mostro d’Israele? Immigrati dagli Usa rivivono nei Territori lo spirito del West
martedì 1 marzo 1994 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV UN assassino che non è cresciuto fra noi, l’ha chiamato
nel suo discorso al Parlamento Rabin. Non ha detto: .
Gli ottimi rapporti fra gli Stati Uniti e Israele certamente non
permettono una polemica diretta. Ma il fatto che Baruch Goldstein
provenisse da Brooklyn, fosse cresciuto nel quartiere popolare di
Bensonhurst a New York, dove più aspro è lo scontro fra neri e
ebrei, non è passato inosservato nell’opinione pubblica israeliana.
, si sono sentiti apostrofare
intellettuali e giornalisti di origine statunitense anche se di
provata fede democratica. La colonia americana qui è grande, ed è
di provata tradizione: sono circa 80 mila gli americani immigrati fra
il 1948 e il ‘94; e dopo il ‘67, sull’onda della Guerra dei Sei
Giorni, ne giunsero 8500. Quest’ultima immigrazione dette il via a
un’ondata più ideologica, legata al mito della grande Israele, e
religiosa. Ogni anno, circa tremila ebrei americani giungono in
Israele.
curano giovani squilibrati, e sono soprattutto ragazzi e ragazze di
Brooklyn, ha scritto l’editorialista Amnon Abramovich sul giornale
popolare Yediot Aharonot.
soldi per mandarci qui i loro problemi... E a noi dopo che abbiamo
preso il loro materiale umano e il loro denaro restano tutti quanti i
problemi. In un Paese che non promuovesse l’aliah, ovvero
l’immigrazione ebraica, un tipo come Goldstein non l’avrebbero mai
fatto entrare, non avrebbe potuto diventare un settler, e poi non lo
avrebbero ammesso nell’esercito. Così con la rabbia propria di
questi giorni Abramovich si è lanciato contro i settler americani di
Kiriat Arba (il 15 per cento della popolazione del posto) mentre
tutto intorno si levavano punti interrogativi e obiezioni
sull’immigrazione estremista tacciata appunto di essere soprattutto
americana: tanto che dalle pagine di Haaretz, il giornale della
sinistra intellettuale di qui, Urit Shohat ha sentito il bisogno di
rispondere che i non sono per niente diversi
dagli estremisti del tipo di Hanan Porat, un israelianissimo deputato
del Mavdal che non si è peritato di andarsene in giro sorridendo e
augurando nel giorno dell’eccidio. L’ebraismo
americano è di certo fra quelli che ha dato di più a Israele in
fatto di aiuti economici, supporto organizzativo, intellettualità
democratica brillante, attiva, ma è anche vero che la storia di
Baruch Goldstein è significativa anche se estrema. Eccolo nelle foto
di 11 anni fa, appena immigrato. Ridente, la barba corta, un
bell’americano, vicino a lui la moglie segretaria del movimento
politico cui ambedue appartengono. Con lui immigrarono la sorella
Bath Sheba di 19 anni, anche lei un’estremista molto attiva, il
fratello a sua volta medico nell’insediamento di Neve Daniel. Baruch
Goldstein era uno dei più di 5 milioni di ebrei americani che
rischiano l’assimilazione, se è vero che uno su due di loro sposano
una persona non ebrea, e che il 28% soltanto delle coppie miste
educheranno poi i figli ebraicamente. Tuttavia Gold stein apparteneva
a quel 6% della popolazione saltata a piè pari in questi anni
nell’ortodossia o nell’ultraortodossia. Era un bà al teshuvà ,
ovvero un figliol prodigo della religione, come gli altri circa 50
mila ebrei americani negli ultimi 20 anni. Il suo gruppo, il Kach,
nasce nel 1960 col nome di e il suo
slogan è ovvero .
americani puntano il loro ebraismo sull’Olocausto e su Israele - dice
Zè ev Chafetz, uno dei più eminenti studiosi e giornalisti
israeliani, autore di un libro sul tema dell’America dal titolo “I
membri della tribu”’ - ma la loro percezione dell’Olocausto e
dell’antisemitismo è rituale e ideologica, la loro idea di sionismo
è questa: organizzare gite al Muro del pianto per dei ragazzini che
poi si sposeranno nella più vicina chiesa episcopale. Goldstein
come altri seguaci di Kahane combatteva invece l’assimilazione e
decise perciò per un’aliah furente e aggressiva. Un’aliah di setta:
un setta che con l’ebraismo ha poco a che fare. Semmai ricorda di
più l’ideologia di quei gruppi che compiono suicidi di massa, come
quelli della Guyana o del Texas. Gruppi ossessionati dal secolarismo
della loro società di provenienza, incapaci di crearsi un sistema di
valori elastico e una individualità ben definita. Gente che vuol
vivere in gruppo secondo regole definite e con un nemico ben
identificato. A questo si aggiunge la nostalgia per la cultura di
confine che i Territori ricreano nella loro mente: il cow-boy ritrova
il suo fucile, il combattente del Vietnam il rischio quotidiano nella
difea dei valori dell’Occidente contro un mondo ineluttabilmente
ostile. Su tutto questo l’uso della religione resa prodotto di
consumo immediato, pronta all’uso, rivelata in ogni dettaglio e
considerata gelosamente proprietà privata contro tanti nemici che
vogliono strappartela. Israele ama l’America, e ne imita molto spesso
i modelli di comportamento e di consumo, forse per scordare i
patimenti degli ebrei in Europa. Molti invece che qui dicono
e invece di todà . Ma questa passione soprattutto
giovanile è sempre stata vista dall’establishment socialista e
ashkenazita come un’aberrazione ideologica ad alto rischio. Fiamma
Nirenstein