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ANALISI LA CRISI DEL GOLFO La vittoria di Saddam e il ritorno di Mosc a

lunedì 24 novembre 1997 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME NOSTRO SERVIZIO Quando ieri il sottosegretario di Stato americano William Cohen ha dichiarato che i vincitori dell'ultimo corpo a corpo con Saddam sono le Nazioni Unite perché hanno saputo imporre il ripristino delle ispezioni ai 63 siti dove si pensa che l'Iraq prepari le sue armi chimiche e che non sono ancora stati verificati, ha semplicemente detto una bugia. Il vincitore di questo scontro è , per la vergogna e lo scorno di tutti i membri dell'Onu, semplicemente Saddam Hussein e sullo sfondo la Russia di Primakov. Il perdente è Bill Clinton e non per una sola ragione. Con che cosa torna a casa Saddam? Vediamo in ordine sparso. Prima vittoria: la sensazione di solidarietà da parte di tutti i Paesi arabi. Solo il Kuwait si è astenuto per ragioni evidenti dalle espressioni di simpatia che sono dilagate dall'Egitto, ai palestinesi, alla Siria su tutte le prime pagine dei giornali, in tutte le dichiarazioni dei leader e degli uomini della strada. Saddam, questo era più o meno il messaggio, non può comunque essere attaccato militarmente. Infatti il mondo arabo lo difenderà . A ciò s'è aggiunta la richiesta unanime di sollevare le sanzioni, quali che siano le armi chimiche mostruose che, si sa bene, sono pericolose prima di tutto per il mondo arabo stesso. Seconda vittoria: Saddam ha dimostrato che l'Onu può essere presa in giro senza nessun particolare danno. Semplicemente non si ottempera ciò che si è promesso, non le si mostra ciò che si è stabilito le si debba mostrare e si seguita a costruire i propri giocattoli mortali. Anche adesso di questi 63 siti non si è affatto sicuri di quanti e se si potranno visitare. Quattordici Saddam li ha già dichiarati off-limits. La crisi è stata risolta praticamente abbandonando il tavolo dell'Onu e affidandosi a una trattativa incontrollata con la Russia. E intorno a questa trattativa, invece che la tesa e attenta solidarietà del mondo per gli Stati Uniti, si avvertiva un sommesso sghignazzo perché finalmente la supremazia americana veniva scossa, anche se il costo era il vantaggio di un dittatore la cui pericolosità è al di sopra di qualunque discussione. Un uomo che mette il potere al di sopra di tutto, che affama il suo popolo dandone la colpa agli altri, che ha fatto una strage gassando 3 mila suoi concittadini a Halabja, che ha fatto una guerra lunga dieci anni con l'Iran, che ha invaso il Kuwait, che viola i diritti civili ad ogni passo, che indulge a manifestazioni di orrore come lo scudo umano intorno al suo palazzo. Terza vittoria: gli Stati Uniti hanno fatto una figura penosa. La fragilità sia della politica delle sanzioni, che evidentemente a Saddam non fanno tanto effetto, e della minaccia di un attacco militare che gliene fa ancor meno, dato che l'unica cosa che gli interessa è il suo potere, si è sommata con la debolezza dell'attuale politica americana in Medio Oriente, che non ha saputo farsi alleati, che non sa far rispettare i principi, non ha più una strategia né antiterrorista né per i diritti civili. Quarta vittoria: gli Stati Uniti hanno lasciato rientrare la Russia nel gioco mediorientale. E questo è avvenuto attraverso l'eterno ministro degli Esteri Primakov, l'inventore, ai tempi dei tempi, della lotta anti-imperialista del panarabismo contro Israele, inteso come avamposto dell'imperialismo. Primakov ha chiaramente giocato di conserva con Saddam, promettendogli un alleggerimento delle sanzioni e guadagnandosi così un ruolo da protagonista sullo scacchiere mondiale. Gli americani, una volta che l'antico nemico ha portato a Ginevra i risultati del suo lavoro, non hanno saputo che ringraziare. Kissinger nei giorni scorsi aveva previsto un ritorno nell'area mediorientale della presenza russa, e l'aveva definito un fatto in potenza anche positivo. Ma non aveva previsto che dovesse avvenire in un clima di imbarazzo e di assenza americana, e attraverso un personaggio come Primakov. Infine: il primo risultato pratico della vicenda è che dopo diciassette anni di rottura il primo ministro iracheno Tareq Aziz ha avuto un lungo e proficuo incontro con il ministro degli Esteri siriano Faruk Al Shara. Così due Stati campioni in diritti umani, in equilibrio politico, in democrazia, fanno progetti comuni sulla base del loro odio antiamericano e anti-israeliano. Speriamo non sia un segno dei nuovi tempi. Fiamma Nirenstein

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