Alle stelle il Tony Blair che guida i laboristi E Barak prepa ra il sorpasso
giovedì 19 giugno 1997 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME QUESTE dimissioni forzate di Dan Meridor mi fanno pensare
che Netanyahu sia come quel leader della barzelletta che dice in tono
roboante:
avanti fino in fondo. È come se Ehud Barak stesse dicendo:
l'unico buono che aveva. E ora me lo prenderei io. È in vista un
nuovo grande centrosinistra? Un Tony Blair israeliano che
approfittando degli appetiti eccessivi di Bibi sia nel campo della
politica internazionale che in politica interna sappia uscire con un
nuovo schieramento moderato dall'impasse del processo di pace? Eccolo
qua: Ehud Barak, ex capo di stato maggiore, uomo di kibbutz, nuovo
capo del partito laborista, 54 anni, e una faccia rotonda da gatto
che abbia appena acchiappato il topo. Sarà lui, dicono tutti gli
scontenti di Netanyahu il prossimo primo ministro, lui, che in
politica è stato capace di far fuori senza una lacrima il grande
vecchio della sinistra, Shimon Peres da tutte le cariche; lui, che
non parla mai del suo partito senza aggiungere l'aggettivo .
Il nuovo partito laborista, la nuova politica, il nuovo gruppo
dirigente, la nuova base... Nel suo disegno, palesemente, rientra la
parte moderata del Paese, quella che non ne può più di una
leadership come quella di Bibi, che definisce fatta solo di parole,
priva di contenuti, incapace di dar fiducia alla gente, e persino ai
suoi. Insomma, Barak vuole anche la destra. Dice:
ambedue non potevano più restare in un governo come questo, un
governo che non meritano, e che anche la gente non merita, tutto
sottoposto ad un leader che non dà nessuna fiducia. Si comincia
dunque a disegnare una forza di centrosinistra?
immaginare mappe politiche diverse da quella attuale, posso solo dire
che su 20 ministri Bibi ne ha già persi due, i migliori del Likud. E
Sharansky è un altro grande nome (insieme ad Edelstein) che è sulla
via di uscita. Insomma, a forza di tagliare teste, Netanyahu sta
creando un vasto spazio vuoto. E Barak ha messo su intanto un gruppo
di teste d'uovo, zeppo di professori universitari, di esperti di
economia, di cose militari, di questioni arabe, che produce a getto
continuo elaborati, idee, proposte su tutto lo scibile politico
israeliano. Cosa vuol fare Barak esattamente? Se lo sa, ancora non lo
vuol dire. Preferisce tenersi sulle generali:
cosa è certa. Non li dobbiamo e non li vogliamo dominare. Non è
giusto né dal punto di vista militare, né da quello civile, né
tantomeno da quello morale. Quindi per loro io penso
all'autodeterminazione e se lo vogliono anche ad uno Stato
palestinese. Ma occorrono scelte precise perché la nostra sicurezza
sia garantita. Niente masochismo da parte nostra, niente donazioni
senza contropartite in termini di sicurezza. E molto, molto sviluppo
economico. Nei miei colloqui con Arafat abbiamo sempre parlato di
come incrementare le entrate dei donatori in misura verticale, di
tutte le cose che si possono fare concretamente per migliorare il
tenore di vita dei palestinesi. Io sento che siamo ancora di fronte a
quella che mi piace chiamare "una finestra di opportunita"' che si
è aperta in questi anni. Guai a lasciarla richiudere. Insomma Barak
vuole riprendere in forze il processo di pace. Ma quanto a
Gerusalemme, dividerla per lui è fuori questione: essa è , e
resterà , la capitale indivisa dello Stato d'Israele. Altri
compromessi potranno essere raggiunti ma non questo. Barak è stato
un uomo d'armi, è un uomo di cultura, è persino un leader della
sinistra, un autentico kibbutznik che ha incontrato sua moglie a
Mishamar Hasharon laddove vive anche la sua mamma di origine polacca.
È un altro possibile Rabin.
deve tenere conto dei bisogni dei russi e degli etiopi immigrati, che
deve saper capire i sefarditi, cosa che la sinistra non ha mai fatto,
che deve coniugare dopo una prima fase di entusiasmo la sicurezza col
processo di pace. Allo stato attuale, secondo un sondaggio del
quotidiano Maariv, fra Barak e Netanyahu il 49 per cento degli
israeliani ritiene il primo più adatto a gestire la sicurezza del
Paese. E quanto al processo di pace, egli è il migliore per il 46
per cento. Lui e Meridor insieme potrebbero far passare a Bibi
qualche spiacevole quarto d'ora. Fiamma Nirenstein
