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Allarme di Israele «L'Iran è pronto a colpirci»

martedì 8 maggio 2018 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 08 maggio 2018

L'Iran pianifica di attuare in tempi brevi la sua vendetta dopo gli attacchi delle ultime settimane alle sue postazioni militari in Siria e di lanciare missili sul nord d'Israele. La provenienza  militare segreta rende molto affidabili le informazioni affidate ad un canale televisivo. Schiere di missili terra-terra vengono armati per colpire soprattutto, sembra, strutture militari, e la cura ne è probabilmente affidata a Hezbollah o a altri amici intimi, presenti in forza, della Repubblica degli Ayatollah.

Questo per potere, dopo il colpo, negare la responsabilità di Teheran in prima persona: ma il comando dell'operazione è in prima persona delle "Guardie della Rivoluzione", l'intraprendente braccio armato dell'Iran più deciso a una politica espansionistica. Il capo della forza speciale in loco è Ali Ajiazade, agli ordini dello stratega principe della conquista iraniana del Medio Oriente, il generale della "Forza Quds" Qasem Suleimani. I precedenti dell' operazione di guerra sono nell'Operazione israeliana su territorio siriano quando sono state rase al suolo due strutture importanti per il disegno egemonico iraniano: la prima il 9 febbraio, quando, dopo che un drone carico di esplosivo era stato atterrato e la sua sofisticata base operativa identificata, fu bombardata la struttura di controllo detta T4, e vennero uccisi 7 iraniani. Un aereo dell'aviazione israeliana fu atterrato e i piloti si salvarono. Poi, due settimane fa, vicino a Homs, è stata distrutta la grossa base di missili a lunga gittata sempre operata dagli iraniani, e ci sono stati altri morti.

Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sembra aver preso l'annuncio di un prossimo attacco iraniano molto sul serio: a detto subito di essere determinato a prevenire una presenza iraniana in Siria anche a prezzo di un conflitto diretto. Perché lo ha fatto? Le ragioni sono due: gli iraniani sono molto preoccupati per la scadenza del 12 maggio che vedrà una decisione di Trump sul mantenimento o meno dell'accordo nucleare, e possono stare meditando azioni di deterrenza molto aggressive.  Israele vuole dissuaderli. In secondo luogo, Netanyahu domani avrà a Mosca un incontro fatale con Putin, e sta dispiegando le sue carte. Bibi va in Russia con volto particolarmente amichevole: assisterà alla parata dell'Armata Rossa in ricordo della vittoria su Hitler, e Israele è fra i pochissimi Paesi ad aver costruito sul suo territorio un monumento (a Herzilya) in cui si ricordano i 20 milioni di morti sovietici e il loro eroico contributo alla vittoria sul nazifascismo. Putin venne nel 2012 all'inaugurazione. Da allora Netanyahu e Putin hanno avuto rapporti cordiali: adesso l'alleato iraniano di Putin, coi suoi Hezbollah, minaccia tutta l'area, avendo al centro il suo odio inveterato per Israele.

Putin si sentirà ripetere da Netanyahu che siamo sull'orlo di una vera guerra con conseguenze incommensurabili se non viene posto un blocco alla presenza iraniana sul confine dello Stato Ebraico, e gli verrà chiesto di nuovo di non vendere al regime siriano il sistema antimissile S300, uno dei più strategicamente definitivi: se l'Iran lo controllasse, per Israele sarebbe molto dura. Non solo Israele è in una situazione problematica a causa ma anche, oltre alla Siria, il Libano, l'Iraq, lo Yemen... Mentre l'Arabia Saudita, l'Egitto, la Giordania e persino il Marocco denunciano come distruttiva di ogni equilibrio la presenza imperialista iraniana. Putin aveva calcolato tutto questo quando ha permesso all'Iran di penetrare in forze in Siria, creandogli così letteralmente un confine con Israele? Probabilmente anche lui oggi è interessato a mettere un freno agli Ayatollah e a Qasem Sulemani, non ha interesse a un conflitto diretto con Trump così schierato contro l'Iran.
Intanto mentre si avvicina il 12 di maggio, si approssima anche la giornata in cui, il 14, verrà trasferita l'ambasciata a Gerusalemme: oltre a un momento di gioia, per Israele si preparano molta tensione e pericolo di attacchi terroristici da parte palestinese.

Abu Mazen, come si è visto nel discorso antisemita, farebbe qualsiasi cosa per restare a galla in un momento in cui la sua sconfitta storica è evidente; Hamas cavalca l'aggressione al confine di Israele con la furia di una popolazione angosciata dalla miseria e dalla chiusura cui l'ha condotta la leadership integralista islamica terrorista. L'ultima novità sono gli aquiloni armati con bottiglie molotov che incendiano i campi degli agricoltori sul confine o servono come proiettili lanciati anche dai bambini, cinicamente utilizzati da Hamas. Per il 15 è prevista una nuova grande marcia che potrebbe risultare in un disastro.

Israele sta cercando di usare nello stesso tempo una severa deterrenza, ma anche di definire un piano di aiuto della popolazione depauperata. E qui ha a che fare con Hamas, che ci tiene allo spirito aggressivo e esasperato, ma anche con Abu Mazen che, ormai in lotta con Hamas come col resto del mondo, boicotta l'economia di Gaza.   

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