Accordo Hamas-Fatah, Nirenstein: “Uno scandalo morale di dimensioni gigantesche”
Intervista di Andrea Di Nino a Fiamma Nirenstein
L’accordo stipulato ieri fra Hamas e Fatah per un ritorno ad un governo unitario nella Striscia di Gaza è uno “scandalo morale di dimensioni gigantesche”. Lo ha affermato Fiamma Nirenstein, giornalista e scrittrice presidente dell’International Council of Jewish Parliamentarians, intervistata dal VELINO. Se il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen - ha spiegato Nirenstein - vuole essere considerato moderato, “che faccia il moderato”: non c’è nulla di moderato nel fare un “accordo con un’organizzazione terroristica, catalogata come tale dall’Europa, dagli Stati Uniti, da tutti”. Certo – ha aggiunto Fiamma Nirenstein, già parlamentare e vicepresidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati – “c’è un grande desiderio da parte del mondo, da parte degli Stati Uniti, dell’Onu e dell’Egitto, di vedere Fatah implicato nel controllo di Gaza”. C’è anche da parte di Israele, anche se decisamente con maggior cautela, visto che su Fatah senza dubbio “la sa più lunga”. Un’idea molto diffusa, basata su una visione umanitaria vuole che, in fondo, “una presenza di Fatah potrebbe risultare in una garanzia per il futuro”, e magari garantire una maggiore sicurezza per quella zona del Medio Oriente. “Naturalmente ci spera in particolare l’Egitto, che – spiega Nirenstein - è il più acerrimo nemico di Hamas. E ci spera anche Israele”.
Ma funzionerà? Sulla base dei discorsi fatti in questi giorni da Abu Mazen, “grandi segni di moderazione non se ne vedono”. E lo “scandalo morale” sta proprio nel fatto che un accordo con dei terroristi non può rappresentare un buon viatico: “Anche le Brigate Rosse erano italiane, ma nessuno ha mai pensato di metterli nel governo”, ha commentato. Si parla di “unità dei palestinesi”, ma – ha aggiunto – “unità con chi? Con chi ha scritto nella propria Carta che bisogna ammazzare tutti gli ebrei e tutti i cristiani, e conquistare Roma?”. Hamas è un’organizzazione “che non riconosce nulla di quello che dovrebbe per essere riconosciuta nella legalità internazionale. Non riconosce gli Accordi di Oslo, non riconosce l’esistenza d’Israele, non riconosce la road map stabilita dal Quartetto, non riconosce nulla di tutto quello che lo collocherebbe in una dimensione realisticamente moderata, pacifica”.
Ma allora su cosa si basa questo accordo? “Si dice che si basi sul fatto che è desiderabile l’unità dei palestinesi. Questo – sottolinea - a me pare sia un punto di vista ultranazionalista, anche addirittura un po’ fascista”. Di positivo “c’è forse il fatto che, ora come ora, è assolutamente necessario, un intervento umanitario che aiuti concretamente i cittadini di Gaza a risollevarsi dai guai in cui li ha messi Hamas”. Perché “la responsabilità è tutta di Hamas se i suoi cittadini hanno sofferto, sono stati uccisi, se le loro case sono state distrutte”, perché è stata Hamas che ha fatto “una guerra di aggressione ai danni dei cittadini d’Israele, sparando sulla popolazione civile, senza che ce ne fosse alcun motivo”. Una “guerra asimmetrica in piena regola, utilizzando le strutture civili come strutture militari e i suoi stessi cittadini come scudi umani”. D’altra parte, “cosa doveva fare Israele durante la guerra, se non bloccare quei lanciamissili che erano stati nascosti dentro case, scuole e ospedali”. Qui missili, altrimenti, “sarebbero andati a cadere sulla popolazione civile israeliana”.
“Qualsiasi altro paese del mondo avrebbe fatto la stessa cosa, ma non chiunque avrebbe compiuto i gesti criminali di guerra che ha compiuto Hamas utilizzando le strutture e la popolazione civile a scopi militari. Questo – ha sottolineato - è proibito dalla Convenzione di Ginevra”. Abu Mazen, presentando il suo accordo, “dovrebbe dire qualche parola su questo argomento”, invece “seguita a dire che Israele è un criminale di guerra e a minacciare di portarlo a L’Aja”. Peraltro, “non lo sta facendo, perché sa benissimo che una volta che si andasse a esaminare i fatti ci sarebbe il forte rischio che sia Hamas a diventare il criminale di guerra in questione”. Nirenstein, inoltre, si dice sicura che Hamas e Fatah non possano davvero riuscire a governare insieme, visto quanto profondamente si odiano per motivi di potere e ideologici. Poi, in realtà, quel che sta facendo Abu Mazen è “cercare di capitalizzare più stima possibile da parte dell’Occidente” perché “ha in mente un piano, di cui lui ha già parlato e che fa parte di questa sua battaglia aggressivamente diplomatica”.
“Lui ha detto di volere nove mesi di nuovi colloqui garantiti già da una promessa preventiva americana che si ritornerà ai confini precedenti al 1967, e il ritiro di tutte le forze israeliane nei tre anni successivi”. E aggiunge: “È quella che Abbas chiama una fine dell’occupazione, io la chiamo l’inizio della distruzione dello stato d’Israele”, perché se questo succedesse “Israele si troverebbe nella stessa condizione in cui si è trovata con Gaza, cioè una serie di zone in cui, molto rapidamente e tanto più se ci fosse un governo di coalizione fra Fatah ed Hamas, verrebbero piazzati dei lanciamissili. È evidente che, in un caso del genere, all’aeroporto Ben Gurion non si potrebbe più atterrare, come è evidente che Gerusalemme ovest sarebbe sotto il tiro di Gerusalemme est”. Allo stato attuale è davvero “molto difficile immaginare una situazione diversa. Quel che vedo io basandomi sulla storia e sull’esperienza – prosegue Nirenstein - è Hamas in una situazione ‘ballerina’ con l’opinione pubblica, ma che mette sempre in gran difficoltà Abu Mazen”. Il quale “ha una paura ‘radicale’ delle prossime elezioni, perché potrebbe benissimo essere fatto fuori, come potrebbe esser fatto fuori anche da un’altra rivolta popolare in stile Primavera Araba”. E di certo – nota ancora Nirenstein – “il popolo ne avrebbe tutti i motivi, perché Abu Mazen è circondato da un’élite prepotente e corrotta”.
Ma allora perché questo accordo di controllo piace tanto all’opinione pubblica internazionale? “Perché, per così dire, ripropone una situazione di controllo moderata, su una situazione che fino ad ora è stata invece esclusivamente sotto il governo di un’organizzazione islamista estrema”. Per questo motivo, dunque, la promessa è appetibile. “Sono sicura che gli americani ci abbiano messo del loro, non c’è dubbio. Però d’altro canto è indubbio che Hamas è forte nell’opinione pubblica palestinese, nel fatto che Abu Mazen non si stanca di ‘vetrioleggiare’ Israele sotto il profilo della propaganda all’interno del suo mondo”. Un mondo che “odia Israele, lo odia intensamente”, senza contare che “la parola ‘moderato’ non ha niente a che fare con l’opinione pubblica palestinese”. Prosegue Nirenstein: “Siamo sempre alle solite: i passi che si vedono hanno un carattere formale, ma qui manca la sostanza”, manca la volontà “effettivamente moderata”. Quella che aiuterebbe davvero: “Riconoscere Israele e i rischi che corre in mezzo a un quartiere così ‘mal abitato’ come il Medio Oriente”. Resta dunque il “problema della sicurezza di Israele, che certamente non è garantita dalla presenza di Abu Mazen in questa vicenda”. E conclude: “Non vedo nulla di troppo rassicurante in questa presenza di Fatah, - conclude Nirenstein - né vedo perché Israele debba essere invogliata a cedere del territorio a chi fa un governo con un’organizzazione terroristica come Hamas”.