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Abu Mazen ormai ridotto agli insulti

mercoledì 21 marzo 2018 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 21 marzo 2018

Mahmoud Abbas, al secoloAbu Mazen, il Presidente dei palestinesi dal 2005, anno in cui si è insediatoal potere senza mai più tenere elezioni ha accumulato in tanti anni solo astiae inimicizie, e ora ne raccoglie i frutti. Invece di parlareinveisce ovunque, e non solo contro Israele di cui seguita a dire che è unregime colonialista e razzista, e quindi da distruggere. Ormai la lista deisuoi amici è inesistente, esiste solo una piramide di potere fatta di armi e didenaro, non c'è stato né processo di pace né unificazione sotto il suo comando,e i palestinesi cominciano a temere le conseguenze dei suoi aumentati sintomidi angoscia e paranoia. Le sue ultime picconatecolpiscono all'impazzata dentro e fuori i suoi confini geopolitici: nei titolidei giornali palestinesi, arabi e israeliani si legge soprattutto come AbuMazen abbia pubblicamente dichiarato lunedì l'Ambasciatore americano David Friedman"un figlio di un cane", e Friedman gli ha risposto ieri di frontealla platea di una conferenza a Gerusalemme chiedendosi se "si tratta diantisemitismo o di un discorso politico".

Questo appellativo non haproprio lo stesso significato che ha nella nostra lingua, l'usodell'espressione non è colloquiale ma di estremo disprezzo, come quando Mubarakla usò contro Arafat che rifiutava di firmare un Accordo di pace da luigarantito. Abu Mazen ha detto diFriedman, intendendo farne un paradigma dell'atteggiamento americano, che èparente di gente che risiede negli insediamenti: in pratica cioè, è anche luiun colono, e che non si capisce se sia israeliano o americano. Abu Mazen sembrala frustrazione impersonificata, spara a trecentosessanta gradi: con gliamericani rifiuta di parlare mentre essi stanno per presentare il loro progettodi pace, ha dichiarato il suo disprezzo per l'Egitto che non sa garantirel'accordo con Hamas, e l'Arabia Saudita perché ha interessi in comune conIsraele contro l'Iran. Per l'Europa conserva un po’ di cuore, e la Mogheriniper Abu Mazen, cui ieri dopo averne descritto la fragilità ha tuttavia espressola solita speranza che il processo di pace (che solo lei vede in movimento) nonsubisca ulteriori fermate. Il vero obiettivopolitico di Abu Mazen nel suo discorso era però Hamas cui ha annunciatosanzioni. Ha dichiarato la sua delusione verso il fallimento del processo, haaccusato esplicitamente Hamas di aver tentato di assassinare il Primo MinistroRami Hamdallah e il Capo dei servizi Majed Faraj il 13 marzo.

Ha detto che Hamas devecedere il controllo di Gaza o prendersi tutta la responsabilità dellasituazione attuale, che come si sa è di miseria, di ferocia, di integralismoterrorista. Adesso è anche in preparazione una serie di scadenze in cui, nell'imminenzadella festa di Pasqua (Pesach), il 30 marzo si prevede "un giorno dellarabbia" con marce e manifestazioni. Pesach è sempre unperiodo sensibile dell'attacco terrorista di cui il peggiore fu quello diNatanya nel 2012 che uccise 30 persone sedute alla cena rituale e ne ferì 120.

Il discorso pubblicopalestinese sulla successione a Abu Mazen oscilla fra Jibril Rajoub, vecchio,aggressivo maggiorente palestinese, ex capo della polizia, che disse che seavesse una bomba atomica la sgancerebbe sugli ebrei; e Mahmoud Dahlan un tipoincravattato che posa da moderato e si serve di Hamas, e che gli egizianiodiano. Ma anche se Abu Mazensembra ormai non contener più nessuna luce di futuro, non sono la successione eil cambiamento ma il caos che si affacciano all'orizzonte. E chi ne traevantaggio è Hamas, che peraltro a sua volta si appresta alla miseria ulterioreche le sanzioni promesse da Abu Mazen infliggeranno alla sua popolazioneschiava di un regime autoritario islamista, figlio della Fratellanza Musulmana,sostenuto dall'Iran.

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