A RAMALLAH UNA FOLLA STRARIPANTE E INCONTENIBILE CHE HA TRAVOLTO OGNI ORGANIZZAZIONE La gente di Palestina si riprende il suo Raiss Arafat sepolto alla Muqata tra scene di delirio, sparatorie e commozione
sabato 13 novembre 2004 La Stampa 0 commenti
RAMALLAH
MOLTI giuravano sotto la muraglia costruita intorno alla Muqata che Arafat
il giorno del suo funerale lo voleva proprio così . « Con molto amore, molta
passione popolare, molta lotta» . Con una folla straripante e incontenibile,
spari, spintonamenti, scavalcamenti, un gran mescolio fra forze dell’ ordine
e uomini armati delle milizie clandestine o semiclandestine. Con una
quantità di fuoriprogramma che alla fine hanno sconvolto le operazioni
previste per il seppellimento del raiss; eppure, senza in realtà
sconvolgerne troppo gli orari previsti; senza che si producesse, a quel che
si sa in queste ore, un numero pazzesco di feriti come ci si sarebbe potuto
aspettare da quel pigia pigia.
Di fatto sono arrivati alle 14,15, ora prevista, i due elicotteri con il
feretro proveniente dal Cairo e con la squadra che accompagnava il triste
ritorno del capo da Parigi e dalla cerimonia d’ onore, fin troppo rapida e
ordinata, senza discorso di Mubarak nell’ aereoporto della sua capitale. E
nessuno avrebbe mai creduto, dato l’ amoroso quanto furibondo assedio dei due
elicotteri, che a un certo punto la bara sarebbe stata tuttavia estratta,
caricata su una jeep; e che quella jeep stracarica sia del feretro sia di
tanti uomini in divisa accumulatisi sulla bara (uomini che sparavano in aria
in segno di onore e per tenere lontano la folla che invece voleva a tutti i
costi toccare il raiss per l’ ultima volta) avrebbe trovato come per magia
una specie di sentiero fra i corpi umani. E che alla fine, molto più alla
svelta del previsto, sarebbe avvenuta la sepoltura fra quattro alberi fra
cui deve essere ora costruita una moschea-santuario. Non c’ è stato il
disastro, solo qualche ferito: alla fine lo stupore era soprattutto dei
giornalisti, non della folla. Essa, gestiva il caos incontrollabile in modo
quasi rituale, come dev’ essere il funerale di un raiss che per la gente è
anche uno shahid: lo sceicco Tamimi ha recitato velocemente i versi del
Corano, e sulla tomba è stato posto ben prima del tramonto, il tempo
prefissato dalla religione, un po’ di terra presa dal suolo delle grandi
Moschee e una pietra di Gerusalemme, perché fosse chiaro che la volontà del
raiss di essere sepolto presso la Moschea di Al Aqsa, un giorno sarà
rispettata.
L’ esercito e la polizia israeliani si sono tenuti rigorosamente fuori, come
avevano promesso: ma Gerusalemme, poichè la mattina si era svolta la
preghiera della fine del Ramadan, e tutte le strade di collegamento con
Ramallah erano in stato di grande allerta. Gli israeliani che entravano per
il funerale (come il pacifista Uri Avneri e altri di Pace Adesso hanno
firmato un documento di piena responsabilità ; i giornalisti avevano un loro
check point. Di là un lungo snodo introduceva in città , dove i poliziotti
palestinesi rendevano impossibile arrivare alla Muqata se non a piedi oppure
con un taxi e la tesserina professionale. Eppure prima di tutto, già verso
le 10 di mattina, sono cominciati ad arrivare in massa i cittadini di
Ramallah e dintorni. Più tardi sono giunti da altre città della Cisgiordania
gruppi in autobus. Di fatto, il flusso di gente verso la Muqata dalle 11 in
poi è diventato un fiume in piena. La folla delle televisioni aveva occupato
tutti i tetti e le terrazze delle case circostanti, la Muqata era una
fortezza in cui tre caterpillar da ieri avevano preparato una spianata
pulita per l’ atterraggio degli elicotteri, la zona per la cerimonia, e il
sito della tomba.
Arrivando, sul taxi che ci ha portato dal parcheggio alla Muqata, abbiamo
caricato quattro signore, tutte vestite di nero, tutte impiegate del
Ministero degli Interni che orgogliosamente spiegavano: « Siamo parte del
gruppo che lavorava a contatto stretto con il raiss. Che grande disperazione
la sua scomparsa!.. era gentile e umano, era anche una enciclopedia, averci
a che fare voleva dire istruirsi. Noi, con un gruppo selezionato, saremo
presenti ai discorsi e alla cerimonia» , ci ha spiegato Fadwa. Invece il
gruppo selezionato è stato sommerso, i discorsi non ci sono stati, la
cerimonia è stata accorciata al minimo. Nella stretta strada dove
stazionavano i media, sfilate sempre più appassionate di giovani con la
kefia, col poster di Arafat innalzato, con slogan cadenzati sono arrivati in
grandi gruppi e molti hanno preso a scalare i muri. All’ inizio i soldati
cercavano di contenerli, poi non è stato più possibile, è stato un dilagare
di slogan, del ripetere che nessuno è come lui, che li guarderà dal cielo
nella loro lotta fino alla vittoria, fino a Gerusalemme. I poliziotti
acchiappavano per le gambe chi si arrampicava sul muro e quello, invece di
divincolarsi, riusciva ad afferrare per le braccia un altro aspirante
scalatore, finchè tutti si trovavano dall’ altra parte.
Alla fine sono anche arrivati, armati di kalashnikov e di machete, due
gruppi mascherati, in una rara apparizione di Hamas e delle Brigate di Al
Aqsa (che ora si chiamano Brigate di Arafat) che raramente si mostrano in
pubblico, per paura di attacchi israeliani. A spintoni, ma senza che si
producesse quella fine del mondo che si poteva prevedere, certo più di
diecimila sono entrati nello spazio della Muqata; quando i due elicotteri
sono scesi, la polizia ha deciso di aprire i cancelli per non rischiare dei
morti schiacciati contro il muro. E allora, la folla ha compiuto il suo
estremo gesto di adorazione. Ha circondato gli elicotteri fino a impedire
per buoni venti minuti il trasporto della bara. Abu Mazen e Saeb Erakat dal
portello facevano timidi gesti per allontanare la gente, Omar Suleiman, il
dignitario egiziano, guardava dalla soglia interdetto. La tensione si è poi
trasformata in azione: Saeb Erakat e Abdel Rabbo hanno tirato giù la bara,
la jeep l’ ha caricata e, miracolo, si è fatta largo fra l’ apocalisse. I
dignitari tutti, in testa Abu Ala, si sono radunati nel luogo della
cerimonia senza cerimonia; la preghiera e la sepoltura procedevano, Forza 17
non ha lasciato la tomba del capo neppure quando le è stato ordinato. E’
stato un caos con molti significati, una presa di possesso della scena, una
prova di forza del popolo su cui certo Abu Mazen in queste ore pondera. Gli
stessi pensieri, certo, in altre stanze, li hanno gli israeliani.