A Durban Usa e Israele sbattono la porta « Contro Gerusalemme la dichiarazione più razzista dalla Seconda guerra mondiale»
martedì 4 settembre 2001 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
inviata a DURBAN
« Chi ci perde non è Israele, ma la lotta al razzismo, alla
tolleranza, alla
civiltà , allo stesso ruolo delle organizzazioni internazionali»
Mordechai
Yadid, il capo della delegazione israeliana alla Conferenza contro il
razzismo dell’ Onu, alle 7 di sera percorre a grandi passi i corridoi
del
Palazzo dei congressi seguito da un codazzo agitato. Si voltano a
guardarlo
neri in abiti africani, sikh col turbante, indiani d’ America con le
penne in
testa, donne maya... Gli americani e gli israeliani lasciano la
Conferenza.
Il Canada e gli europei invece restano.
Durante la giornata, in segreto, i norvegesi erano corsi da una parte
all’ altra, dai palestinesi agli Stati arabi, agli americani, agli
israeliani, all’ ufficio del Commissario per i diritti umani Mary
Robinson,
agli europei, con un progetto di documento che sperava di eliminare
le
intemperanze verbali con cui Israele era definita razzista,
colonialista,
Stato dell’ apartheid. Il sionismo era comparato al razzismo. La carta
dei
norvegesi non era perfetta: agli americani non era piaciuto fin
dall’ inizio,
ma gli israeliani cercavano di far uso di uno spirito di compromesso
che
consentisse di tener aperto il dialogo con il mondo arabo, e
seguitavano a
lavorare per questo su indicazione del ministro degli Esteri Shimon
Peres,
che finora prevedeva un rapido incontro con Arafat. Ma non è andata
bene.
Gli arabi, nonostante le insistenze di molti paesi fra cui anche la
Germania
e l’ Italia, non hanno accettato nessun compromesso: ormai era tratto
il dado
dell’ uso del palcoscenico sudafricano come piattaforma per un
clamoroso
rilancio simbolico dello scontro israelo-palestinese sul terreno dei
diritti
civili nella loro forma ultimativa, cioè l’ apartheid, il peggiore dei
razzismi.
Gli americani dunque hanno deciso di andarsene, convinti che non
convenisse
seguitare a supplicare di comprensione un congresso quasi interamente
antioccidentale. E l’ Onu, anche se Mbeki, presidente del Sudafrica,
critica
gli Stati Uniti e li accusa di essere voluti fuggire dal fronte delle
« giuste rivendicazioni» , sembra adesso caduto in una trappola
infernale:
« Può esistere - aveva detto poche ore prima nel suo intervento
l’ ambasciatore Yedid a nome del viceministro degli Esteri israeliano
Michael
Melchior - un’ ironia più grande del fatto che una Conferenza
riunitasi per
combattere la vergogna del razzismo generi, a nome della più grande
organizzazione internazionale, la dichiarazione più razzista dal
tempo della
Seconda guerra mondiale?» . L’ intervento di Yedid aveva ricordato
l’ aspirazione degli ebrei alla libertà per tutti sin dai tempi della
schiavitù in Egitto; aveva sottolineato l’ insensatezza di comparare
l’ Olocausto con i pur tragici risultati nella lotta fra arabi e
ebrei; si
era detto fiero della pulsante democrazia che fra mille diversità di
opinioni, e con le contraddizioni dovute alla continua emergenza, fa
d’ Israele l’ unico paese in cui vigono i diritti civili in mezzo a una
quantità di dittature mediorientali.
Il tono dell’ intervento era accorato: la delegazione ebraica infatti
in
questi giorni è stata bombardata da accuse incessanti; e le Ong
ebraiche o
non solidali con l’ impostazione di criminalizzazione d’ Israele sono
state
perseguitate da gesti d’ odio a volte persino con minacce fisiche.
Anche nel
Palazzo dei congressi era aleggiata questa atmosfera: Mugabe ha
persino
detto in sessione plenaria che gli ebrei sono all’ origine di tutti i
mali
dell’ Africa; e i paesi della Lega Araba hanno usato lo stesso
linguaggio
incendiario di Arafat.
Probabilmente, oltre al fallimento della mediazione norvegese, anche
tutta
questa atmosfera ha costituito il motivo dell’ uscita di scena degli
americani e degli israeliani: lo sgretolamento si è prima cominciato
a
produrre nelle Ong, dove gli europei dell’ Est e poi quelli dell’ Ovest
di
sono dissociati; in una conferenza stampa di cinque grandi
organizzazioni
non governative tra le quali « Sos racisme» si sono prese buone
distanze dal
documento.
Dice Margherita Boniver, sottosegretario agli Esteri: « L’ Italia ha
svolto un
ruolo molto attivo nel cercare di calmare e di ricucire. Ma le
premesse già
facevano pensare a un deragliamento demagogico: è stato inaccettabile
e
molto sgradevole veder crescere la violenza verbale e vedere Israele
divenire il capro espiatorio numero uno in una Conferenza che avrebbe
dovuto
essere sul razzismo» .
I paesi dell'Unione Europea hanno deciso di restare per preparare un
testo
che sia « completamente nuovo, suscettibile di raccogliere consensi» .
Lo ha
annunciato ieri sera il ministro degli Esteri belga Louis Michel,
presidente
di turno Ue. Le discussioni sul nuovo documento hanno visti impegnati
nella
notte occidentali, africani e arabi.