A Durban un aut-aut anche dall’ Europa « Compromesso accettabile entro oggi o lasciamo la Conferenza»
giovedì 6 settembre 2001 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
inviata a DURBAN
E’ come un naufrago che impedisca a chi cerca di salvarlo di portarlo
a
riva, la Conferenza di Durban sul razzismo. Siamo ai ferri corti: ci
sono
ventiquattr’ ore di tempo, ovvero l’ ultimatum forse scade alle prime
ore
dell’ alba perché esca un documento accettabile dalle stanze del
palazzo dei
congressi o da quelle dell'Holiday In dove sono riunite la varie
commissioni
che discutono la questione delle compensazioni per lo schiavismo e
quella
del Medio Oriente. Poi, potrebbe essere il disastro: se i documenti
non
saranno accettabili, via l’ Unione europea (lo ha confermato la
presidenza
belga), via i canadesi, via forse l’ Europa dell’ Est. L’ aria è
nebbiosa. I
corridoi sempre più convulsi. Le Ong (organizzazioni non governative)
impegnate nelle manifestazioni davanti alla porta (canti tibetani,
slogan
brasiliani, penne Sioux) a ogni conferenza tenuta a lato del governo
esclamano che la voce della « società civile» discriminata deve
comunque
essere udita, e che la Conferenza non deve fallire. Ma a pochi metri
da loro
una ruota politico-propagandistica ruzzola senza riuscire più a
frenare,
anche se in molti lo vorrebbero.
Quando una giornata comincia con un annuncio di Lionel Jospin che
dalla
Francia fa sapere di essere pronto a ritirare la delegazione e che
l’ Unione
europea se ne andrà se i documenti non saranno accettabili, la
valanga è in
moto. E così queste ventiquattr’ ore che stanno ormai per scadere
raccontano
che sia il fronte delle « riparazioni» sia quello del Medio Oriente e
persino
il terzo punto, quello del « terreno delle discriminazioni» (ovvero la
definizione di chi sia discriminato: i maya? gli omosessuali? i
copti?) non
trovano in buona sostanza d’ accordo i paesi occidentali e gli altri.
Rispetto ai tempi della Guerra Fredda la grande novità sono i paesi
dell’ Est
europeo. Per il resto, la « linea Fidel Castro» inaugurata dalla
Conferenza
al suo inizio divide il mondo fino alla spaccatura.
Sullo schiavismo, i paesi occidentali sono pronti ad accettare di
introdurre
nel testo forse la parola « regret» rincrescimento; forse
« repentance» ,
pentimento, ma certo non « apologies» , ovvero scuse, che sono
l’ anticamera
delle « riparazioni» che si chiedono in tribunale. La Spagna, il
Portogallo,
l’ Inghilterra, più dell’ America, che è pure accusata di defezione
interessata, non ne vogliono sentir parlare.
Quando al Medio Oriente, la signora Zuma, ministro degli Esteri
sudafricano,
non vuole sentire parlare di sconfitte per la sua Conferenza: ha
preparato
un documento che il nostro ambasciatore Claudio Moreno, presidente
della
principale commissione della riunione, definisce « equilibrato,
neutrale,
accettabile da tutti» ; ma anche la delegazione italiana sta all’ erta.
Nelle
ore notturne ognuno deve aggiungere le sue osservazioni, e gli arabi
sembrano non mostrare, per ora, nessuna disponibilità a scendere dal
loro
focoso cavallo propagandistico.
Invano, carico di carisma e brillante di genialità , l’ arcivescovo
Desmond
Tutu ha ricordato come la vittoria sull’ apartheid è stato il
risultato di
un’ utopia cui pochi credevano: « Dio stesso è un utopista» . Dopo anni
di
terribili sofferenze dei neri, ha ricordato Tutu, abbiamo ottenuto
una
vittoria prima ancora della fantasia, della forza di pensare al
futuro, che
della costanza del sacrificio. « Io sono membro del Centro Peres e
anche
amico dei palestinesi - ha detto uno dei padri della lotta anti
apartheid -
Dio ha messo due popoli sulla stessa terra. Ma la sicurezza non verrà
raggiunta da nessuno col fucile. La riconciliazione è la strada,
quella che
noi abbiamo praticato» .
Sulle riparazioni per la schiavitù Tutu sembra convinto che
l’ Occidente
debba in ogni caso dire il suo « sorry» con profonda contrizione.
« Sarà
liberatorio per tutte e due le parti» . Per il vescovo la Conferenza
deve
continuare ed aver successo: « I governi non rappresentano
necessariamente un
popolo» dice, pensando a eventuali ulteriori defezioni. Un punto di
vista
sognante e fascinoso, ma che ha portato la conferenza dell’ Onu allo
sbaraglio.